La cosa più divertente, è l'effetto sorpresa: perché proprio nel momento in cui sei impegnato a vivere il momento, a sbuffare perché pare durare per sempre, ecco che, nel luogo e nell'attimo meno opportuno, il tuo passato ti sbuca davanti. Lo vedi e tutto prende forma.
Con la coda dell'occhio, vedo un gruppetto di volti noti. Erano dei ragazzi che giravano in paese quando avevo 13/14 anni. Sono uscita spesso con loro, soprattutto con uno di loro. Non faccio in tempo a ricordare questo piccolo frangente, che quell'uno mi si presenta davanti.
Fino a qualche tempo fa, l'istinto fuga avrebbe preso il sopravvento: avrei strabuzzato gli occhi, salutato balbettando, detto qualcosa di idiota e avrei voluto seppellirmi dalla vergogna. Ebbene si, la Fenice ha avuto trascorsi da piccolo cucciolo spaventato: non è una questione di debolezza o di limiti, è che certe persone mi incutevano una sorta di timore reverenziale. Soprattutto se si trattava di ragazzi (ormai uomini) attraenti con cui avevo avuto qualche "flirt", definiamolo in questo modo.
Con mia incredibile sorpresa, invece, ho reagito nel modo opposto: ho semplicemente fatto finta di nulla. Sorriso smagliante, grande parlantina e nessun imbarazzo: per quanto il cervello mi ricordasse ciò che era successo con lui e la mia parte angelica si sentisse alquanto in imbarazzo, il piccolo demone che è in me correva leggiadro e spensierato tra i premi, pavoneggiandosi, gonfiando il petto orgoglioso della sua (nostra) nuova identità.
Quando la situazione si è fatta più calma e la gente ha smesso di correre in massa a comprare i biglietti, sono andata fuori a fumare una sigaretta. L'ho visto che stringeva tra le braccia un bambino. "Quante cose cambiano", ho pensato tra me e me. Quel flirt di qualche settimana, quel ragazzo che sembrava destinato a non combinare nulla nella vita se non una valanga di guai, aveva messo su famiglia. La cosa mi ha fatto sorridere: perché era tutto così giusto, capite? Insomma siamo su questa terra, ci preoccupiamo del lavoro, delle bollette da pagare, dei nostri hobby, delle nostre amicizie e della famiglia. Passiamo il nostro tempo a tentare di coltivare i nostri talenti a cercare di migliorarci.. per che cosa? Fino a qualche tempo fa, non avrei saputo rispondere. Era tutto una gran buco nero fatto di pallottole da schivare e colpi da incassare. Ora lo so, invece. Per arrivare al punto in cui, dopo innumerevoli tentativi andati male, appoggeremo il piede sulla strada giusta. Tutta la fatica, la sofferenza, il dolore.. bah, tutto acquista il giusto significato, una volta compreso che ci ha portato li, dove da sempre dobbiamo essere.
Nietzsche diceva "Chi ha un perché per vivere, può sopportare tutti i come". Sapete qual'è il mio perché? arrivare sulla strada giusta, quella del senso, quella in cui i sogni veri, quelli nascosti nella profondità del mio petto, cesseranno di essere tali e diverranno realtà: da vivere, non più da sognare.
Come arriverò a quel punto, stremata o energica, doloranti o in perfetta forma non ha la benché minima importanza. Se c'è una cosa che ho imparato in questi anni di onorata vita è che una sola cosa non ha soluzione: di tutto il resto, non ho paura.
Rumba verso il buco di Ezio Bosso: non poteva esserci chiusura migliore.
Buona giornata amici, e buona fortuna a tutti!