Le fiabe di Beda il Bardo – Dopo Harry Potter, ma ancora non Seggio vacante.
Creato il 31 luglio 2013 da Loredana Gasparri
Oggi, 31 luglio, ricorre il compleanno anche di J.K.Rowling, l’iper
famosa creatrice di Harry Potter, e del suo successore (anche se di settore
diverso) Barry Fairbrother. Anche di questa donna e della sua saga principale,
si è detto tutto, e il contrario di tutto. L’hanno persino fatta comparire in
un episodio dei Simpson. Per menzionarla qui, dopo Primo Levi, ho pensato all’unico
libro che ancora non avevo letto di lei, Le fiabe di Beda il Bardo. E’ un libro
che la Rowling ha scritto per sostenere l’opera del Children’s High Level
Group, associazione da lei fondata insieme alla Baronessa Nicholson di
Winterbourne, Membro del Parlamento Europeo, per aiutare i bambini “istituzionalizzati”.
Si tratta di quei bambini che vivono in grandi istituti di accoglienza in tutta
Europa, che però non sembrano ricevere tutto l’aiuto e l’accoglienza di cui
avrebbero davvero bisogno. Il nome nel titolo mi aveva colpito perché è
realmente esistito un Beda,
diventato famoso per la sua Storia ecclesiastica degli Angli e degli Iuti, più
nota come Historia ecclesiastica gentis Anglorum. Poiché si tratta di un
monaco, passato alla storia come un grandissimo storico, mi sembrava troppo
serio come scrittore di fiabe. Con la Rowling, tuttavia, niente è mai come
sembra...tuttavia, è sufficiente aprire il libro e vedersi fugare gli ultimi
dubbi. Nella sua introduzione, la scrittrice parla di queste fiabe come creazioni
di maghi e streghe per i propri figli, distinguendoli subito da qualunque
confusione con quelle dei Babbani per la loro prole babbana. Niente Cappuccetto Rosso, Bella Addormentata o
Tre Porcellini, o niente di simile. Beda il Bardo fu un personaggio vissuto nel
XVI secolo, un mago, di cui rimane un’unica xilografia che lo ritrae coperto da
una barba particolarmente rigogliosa, e pochissime altre notizie biografiche. Naturalmente,
non dimentichiamoci che è la Rowling a parlare di questo personaggio...e lei
non è nota per essere una storica accurata come Beda Il Venerabile. :-D
Essendo fiabe per piccoli maghi e streghe in crescita, le
tematiche affrontate sono un po’ diverse, almeno in apparenza. Ognuna di esse
viene commentata nientemeno che da Albus Silente, il saggio Preside della
Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, la versione Rowling di Gandalf. No,
non sto facendo confusioni o colpevoli sovrapposizioni: questo mago
inevitabilmente mi ricorda lo Stregone Grigio, che al momento si è eclissato a
Moria con il Balrog. In un gioco abbastanza ironico e divertente, la scrittrice
introduce alcuni commenti ai commenti di Silente, a beneficio dei Babbani, che
potrebbero non capire o ignorare alcuni termini. Quando si inizia a leggere le
fiabe, si capisce quanto le etichette “per maghi” “per babbani” vengano pian
piano a sbiadire, fino a perdere di significato. Ognuna è un gioiellino di
atmosfera, di sentimenti repressi, di oscurità sanguinolenta appena accennata,
di doppiezza, come già era emerso piuttosto bene nella saga Potter. Il mago e il pentolone salterino mostra
come l’alterigia e lo snobismo verso “gli altri” si trasformi in persecuzione,
quando il giovane mago prepotente figlio del vecchio mago buon samaritano si
rifiuta di aiutare i Babbani in difficoltà. Solo quando accetta la
responsabilità di avere un potere e di doverlo usare per il bene di tutti, e
non tenerlo gelosamente per il proprio tornaconto personale, la vita ritorna
normale e rilassata. La fonte della buona
sorte è uno scherzo ironico, dove tutti i tasselli scombinati del mosaico
vanno al proprio posto con naturalezza e un pizzico di ironia. Le tre streghe
protagoniste chiedono aiuto, faticano, disperano, e non si rendono conto che è
proprio la loro intraprendenza e la loro crescita interiore a determinare i
cambiamenti desiderati. Lo stregone dal
cuore peloso ha un risvolto splatter che potrebbe piacere anche a Dario
Argento. Il giovane stregone protagonista è convinto di poter mettere al riparo
il proprio cuore dall’azione dell’amore, che egli percepisce come umiliazione e
indebolimento. Per un certo periodo sarà anche così, e riuscirà nel suo
intento. Ma un inaspettato giudizio negativo lo fa impazzire di rabbia, e
invece di imparare la lezione, provocherà la propria rovina. Baba Rapa e il ceppo ringhiante è la
denuncia della stupidità e dell’ipocrisia, che si annidano proprio in quelli
che si ergono a paladini di qualcuno o di qualcosa. Il Re stolto della fiaba
odia maghi e streghe, li fa bandire perché in realtà vuole essere l’unico mago
del regno. Questa volontà cieca di
auto-affermazione gli fa fare la figura del perfetto stupido (e incoerente,
aggiungerei), quando cade preda di un cialtrone avido ma non sufficientemente
sveglio. Ne La storia dei tre fratelli
si parla dei doni della Morte, un bel riferimento abbastanza trasparente a
Harry Potter e ad alcune vicende della sua vita. Tre maghi fratelli scampano
alla morte grazie ai loro poteri, e la Signora con la Falce accorda loro un
premio ciascuno per essere riusciti a
gabbarla. Due dei tre pensano di poterlo fare ogni volta che vogliono, e di
poterne uscire vincitori per sempre grazie ai premi. Le conseguenze dei loro
comportamenti sconsiderati vanno in direzione completamente opposta. E il terzo
fratello? E’ quello più saggio, meno incline a vanterie sproporzionate, ed è
anche l’unico che inganna la Morte sul serio, per diverso tempo, almeno
apparentemente.
Come si vede, tutti i protagonisti sono rigorosamente maghi
e streghe, e si trovano davanti a difficoltà e problemi da superare. Usano
incantesimi e bacchette, e questo li avvantaggia. Ma i sentimenti e i
comportamenti dettati da questi, sono molto, molto umani. E li avvicina ai
Babbani. Bacchetta o meno, l’amore e la morte arrivano e si fanno sentire, in
ogni caso, in ogni condizione, in ogni punto della scala sociale. A questo
punto, di che utilità è la distinzione tra maghi e babbani?
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