Fino al 19 agosto presso il Museo Nazionale di Cracovia, in collaborazione con la Moscow House of Photography Museum, saranno in mostra circa 300 opere di Rodchenko: collage, fotomontaggi, progetti di design e soprattutto oltre 200 fotografie.
Rodchenko fece parte di quel calderone di talenti artistici che salutarono con entusiasmo la rivoluzione russa del 1917. Iniziò come pittore e successivamente divenne un importante designer. I suoi innovativi layout di riviste e i poster cambiarono la cultura visuale del suo tempo. Nel 1924 acquistò la sua prima macchina fotografica con l’intento di servirsene per i suoi fotomontaggi, ma non appena la ebbe in mano cominciò a utilizzarla in modo innovativo e sorprendente, dando vita a quello che è tuttora noto come “metodo Rodchenko”. Queste le sue parole:
“Al fine di abituare la gente a osservare da nuovi punti di vista è essenziale scattare foto di oggetti familiari, di uso quotidiano, inquadrandoli da punti e in posizioni del tutto inattesi”.
E così inquadrò i suoi soggetti dall’alto o dal basso, introdusse linee dell’orizzonte inclinate, composizioni diagonali e scorci radicali. Famosi i suoi ritratti: Lily Brik con una mano alla bocca che divenne un’icona, Mayakovsky, sua madre, sua moglie e tanti altri, famosi e non. Notevoli anche le immagini di parate ed eventi sportivi. Nell’ultimo decennio della sua vita le sue opere si fecero più romantiche, drammatiche e si tinsero di tristezza.
Lui che aveva introdotto il costruttivismo nella fotografia, che fu un sostenitore convinto della rivoluzione vide a un certo punto la sua estetica confliggere con quella ufficiale del realismo socialista. Dal 1928 fu accusato di formalismo, cioè di preoccuparsi più del valore artistico delle sua lavoro che della sua pubblica utilità e progressivamente perse le commesse professionali. Nel 1951 fu espulso dall’Unione degli Artisti Sovietici, nel 1955, dopo la morte di Stalin, fu reintegrato. Ma morì l’anno seguente.
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