Le giuste corde

Creato il 14 novembre 2013 da Francosenia

L'anno è il 1970, di maggio, il luogo è Los Angeles, il Bitter End West, per la precisione. E' ancora solamente il tardo pomeriggio e Michey Newbury, in cartellone per la serata, sta discutendo con David Steinberg. E' di pochi giorni la notizia che quattro ragazzi sono stati uccisi dalla guardia nazionale che ha aperto il fuoco sugli studenti radunatisi per protestare contro l'invasione della Cambogia. La voce di Neil Young si era già alzata, a dare voce a tutti quei ragazzi dell'altra America.

La discussione si fa animata quando si comincia a parlare di canzoni, di musica. Il country, di cui Newbury è uno dei rappresentanti, sembra lontano da quelle rivendicazioni, più vicino ai Nixon che ai neri che protestano nelle scuole del sud contro la segregazione razziale. Per esempio, il vecchio inno sudista, Dixie, suonato dalle bande scolastiche in apertura e in chiusura delle gare sportive, ora viene contestato apertamente - argomenta Steinberg. Ma Newbury non è affatto d'accordo, non c'è niente che possa rendere una canzone come quella patrimonio dei segregazionisti - ribatte. Poi, si sofferma a ricordare come fosse stato proprio Lincoln a far suonare quella canzone sui gradini della Casa Bianca proprio il giorno della fine della guerra civile. Quella non è affatto una canzone razzista, incalza, anzi - sai che ti dico - stasera la voglio proprio suonare!
Quindi, va ad avvertire il proprietario del locale, Paul Colby. Ci potrebbero essere contestazioni, forse è meglio lasciar perdere - cerca di convincerlo, Colby. Ma Newbury è irremovibile: "e tu, chiama le squadre antisommossa!"
Tra il pubblico, per la serata ci sono Joan Baez, Odetta, Cass Elliot dei Mama's and Papa's. Arrivò, ad un certo punto, anche Barbara Streisand che, rivolta a Kris Kristofferson, cercava di convincerlo ad andare da qualche altra parte, ma Kris insistette perché rimanessero. Non aveva torto.
Newbury attacca con la chitarra il tema di Dixie, rallentato e arpeggiato quasi fino a renderlo irriconoscibile. Poi, la voce sommessa comincia, struggente e quasi ossessiva ...

Oh I wish I was in the land of cotton
Old things they are not forgotten
Look away, look away, look away Dixieland
Oh I wish I was in Dixie, away, away
In Dixieland I take my stand to live and die in Dixie
Cause Dixieland, that's where I was born
Early Lord one frosty morning
Look away, look away, look away Dixieland

Non si sente più alcun altro suono per tutta la sala. Odetta, la famosa folk-singer nera, rimane seduta in prima fila con le lacrime agli occhi. Mickey Newbury alza la testa e la vede. E' un tutt'uno, guardarla e proseguire con la canzone di quelli che stavano, stavolta, dalla parte giusta ...

Glory, glory hallelujah
Glory, glory hallelujah
Glory, glory hallelujah
His truth is marching on

Solo, appena un lampo. Poi, dopo, conclude la sua trilogia americana con i versi e le note di una ninna nanna, All my Trials, la ninna nanna degli schiavi giamaicani, la canzone che era stata adottata dal movimento dei diritti civili, cantata da Pete Seeger e da Joan Baez. "Taci bambina non piangere ..."

So hush little baby
Don't you cry
You know your daddy's bound to die
But all my trials, Lord will soon be over

Alla fine, sono tutti in piedi ed applaudono. Ha avuto ragione, Mickey Newbury, ed ha toccato le corde giuste. Lo ha fatto, come sapeva fare Woody Guthrie, prima di lui, e come saprà fare Bruce Springsteen, dopo di lui.


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