Quando si studia la storia, si imparano le date delle grandi battaglie, i nomi dei condottieri e dei capi di Stato. Si può arrivare a sapere come si svolgeva la vita quotidiana al tempo dei Romani o cosa mangiava Lorenzo il Magnifico. C’è però qualcosa che ci sfugge e che non possiamo conoscere.Questo qualcosa sono gli odori o forse sarebbe meglio dire le puzze…Proviamo a pensare cosa avremmo sentito in una città (o in una casa) dove mancavano le fognature, non esisteve l’acqua corrente, i frigoriferi o un servizio organizzato di raccolta di immondizia. Probabilmente una puzza pestilenziale derivante da ogni tipo di rifiuto organico, carne putrefatta e liquidi di ogni tipo. Questa è stata la condizione igienica e “olfattiva” del pianeta Terra e degli esseri umani per millenni.
Come sappiamo, ci si può abituare ai cattivi odori e probabilmente i nostri antenati erano avvezzi a puzze che oggi noi giudicheremmo insopportabili. Tuttavia, anche l’abitudine ha un limite e, dall’alba dei tempi, gli uomini hanno cercato rimedi per evitare o quantomeno mascherare gli odori sgradevoli del loro corpo e dell’ambiente circostante.
La pianta di Boswellia sacra, originaria delle regioni meridionali della Penisola Arabica e delle antistanti coste dell’Africa orientale, dalla cui resina si ottiene l’incenso.
Quando, ad esempio, arrivava in un porto una nave dopo un lungo viaggio, veniva fatta attraccare in un molo lontano dalla città perché l’odore di decine di marinai reduce da settimane o mesi di navigazione era insopportabile. Chi ha visitato la cattedrale di Santiago de Compostela in Spagna, avrà probabilmente visto l’enorme recipiente (detto “turibolo”) che viene riempito di incenso ed altre essenze e poi fatto oscillare in maniera spettacolare dal soffitto della chiesa. Qual era la funzione del turibolo? L’incenso che veniva sparso dalla sua “danza” nella navata centrale serviva a coprire e camuffare, per quanto possibile, la terribile puzza generata dalla congestione di pellegrini che si radunavano in quello spazio chiuso dopo mesi di cammino.
Per questo le spezie furono tanto importanti nell’antichità: l’incenso, il pepe, la cannella, la noce moscata, ecc., oltre a reali o spesso ipotetici poteri terapeutici o afrodisiaci, servivano soprattutto a nascondere e mascherare i cattivi odori delle persone e dei cibi che non potevano, rispettivamente, lavarsi e conservarsi, come accade oggi. In un mondo senza docce, bagnoschiuma, frigoriferi e Tupperware, le spezie valevano quasi quanto l’oro.
Non bisogna essere degli esperti economisti per sapere che il valore di un bene dipende dal tempo e dal luogo in cui si dispone di esso. Un bicchier d’acqua, oggi, a casa nostra con acqua corrente, vale assai poco; ma lo stesso bicchiere in pieno deserto del Sahara ha tutto un altro valore. Le spezie avevano un valore altissimo in Europa, perché – come detto – all’epoca servivano soprattutto a mascherare odori che oggi non appestano le nostre città e perché erano e sono quasi tutte originarie dell’Oriente che non era proprio dietro l’angolo.
I grandi viaggi di esplorazione verso “le Indie”, a cominciare da quello del navigatore portoghese Vasco da Gama, il primo a circumnavigare l’Africa, e quello di Cristoforo Colombo, avevano tra i principali obiettivi proprio l’apertura di nuove e più economiche rotte commerciali per portare in Europa le preziosissime spezie, quasi tutte originarie dell’Oriente. Il problema del costo delle spezie era annoso: si pensi che nel 50 a.C. così scriveva Plinio il Vecchio: “India, Cina e penisola Araba chiedono cento milioni di sesterzi dal nostro impero ogni anno: tanto ci costano i nostri lussi e le donne”.
Una delle spezie più apprezzate era la noce moscata. La noce moscata è il seme dell’albero tropicale myristica fragrans e possiede diverse proprietà: stimola la digestione, blocca le fermentazioni intestinali, attenua la nausea e il vomito. In passato veniva utilizzata anche come eccitante ed afrodisiaco, tanto che nel XVII secolo, i nobili erano usi portarsene sempre un po’ dietro, per scioglierla nel vino o nel cibo nel caso si presentassero all’improvviso situazioni conviviali. Insomma: come chi oggi va all’aperitivo e si fa una striscia di coca…
Con il trattato di Tordesillas (dall’omonima cittadina spagnola dove fu firmato) Spagna e Portogallo si accordarono di dividersi il mondo (conosciuto e sconosciuto). L’accordo aggiornò una precedente bolla papale (1493) che favoriva la Spagna.
Il trattato di Saragozza mise fine alla disputa riguardante a chi dovessero appartenete le Molucche.
L’albero della noce moscata cresceva esclusivamente nelle isole Banda dell’arcipelago della Molucche (nell’attuale Indonesia), letteralmente dall’altra parte del mondo. Quando Colombo trovò l’America invece che le Indie, l’obiettivo degli esploratori divenne incontrare un passaggio attraverso il nuovo continente per arrivare a queste benedette “Indie” dall’Europa. La spedizione di Magellano fu organizzata dalla Spagna proprio con questo intento: cercare una nuova via marittima per le “Isole delle Spezie”, nell’arcipelago delle Molucche, evitando l’aggiramento dell’Africa, i cui porti occidentali e meridionali erano tutti in mano al Portogallo. Se questa rotta fosse stata trovata, se cioè il passaggio “attraverso” l’America fosse stato trovato, la Spagna avrebbe potuto assunto una posizione dominante nel lucroso mercato delle spezie che da secoli erano merce richiestissima in Europa.
Magellano partì dalla Spagna nell’estate del 1519. Dopo aver scoperto lo stretto che prese poi il suo nome (troppo a sud rispetto alle speranze), l’esploratore fu ucciso dagli abitanti di un’isola filippina il 27 aprile 1521. I superstiti della spedizione (tra cui l’italiano Pigafetta che ne scrisse la storia) tornarono a casa il 6 settembre 1522, dopo aver completato la prima circumnavigazione del globo in poco meno di 3 anni.
In altre parole, la noce moscata era così preziosa che l’imperatore spagnolo Carlo V (di cui L’Undici già parlò qui) fu convinto a finanziare un’impresa che non era mai riuscita prima: arrivare alle Molucche passando “attraverso” l’America. Non solo: quando ci si rese conto che Colombo non era arrivato alle Indie, ma aveva “scoperto” un territorio potenzialmente immenso, Spagna e Portogallo firmarono il Trattato di Tordesillas con cui si dividevano il mondo in due: le terre che si sarebbero scoperte ad occidente di una linea che passa vicino alle isole di Capo Verde (detta “la Raya”, in spagnolo: la riga), sarebbero appartenute alla Spagna, quelle ad oriente al Portogallo. Sorse però un problema: a chi appartenevano le Molucche con i suoi pregiatissimi alberi di noce moscata, che erano “dall’altra parte del mondo”? Non è che ci fossero GPS o mappe satellitari per stabilirlo. E quindi Magellano partì anche per verificare di persona da che parte stessero le “Isole delle spezie” e della noce moscata in particolare, dato che sia Spagna che Portogallo ne rivendicavano il possesso. La diatriba si risolse nel 1529 quando la Spagna, dietro un alto compenso in danaro, rinunziò ad ogni pretesa sulle Molucche a favore del Portogallo.
Nei decenni successivi, gran parte delle terre di America ed Estremo Oriente, le Molucche fu oggetto di contesa tra portoghesi, spagnoli, inglesi ed olandesi. Questi ultimi furono particolarmente attivi ed aggressivi in Indonesia, che divenne una loro colonia e che governarono fino alla fine della seconda guerra mondiale. Nella prima metà del ‘600 gli olandesi riuscirono ad assumere il controllo di tutte le “Isole delle spezie” tranne una che era rimasta sotto il dominio inglese: su quest’isoletta gli alberi della noce moscata crescevano così bene che se ne trovavano anche sugli scogli.
Oggi 1 grammo di noce moscata costa circa 5 centesimi di Euro, mentre il prezzo di un appartamento a Manhattan può arrivare anche a 70.000 Euro/mq.
Dopo anni di guerre e tensioni, olandesi e inglesi cercarono un accordo. Gli inglesi proposero: noi vi cediamo l’isoletta della noce moscata e in cambio voi ci lasciate un’isola vostra su cui abbiamo messo gli occhi e che ci piace molto. Gli olandesi accettarono. L’isola dove cresceva l’albero della noce moscata e che gli inglesi cedettero agli olandesi attualmente si chiama Pulau Run, mentre quella che, in cambio, gli olandesi diedero agli inglesi, oggi (come all’epoca) si chiama Manhattan….
Cosa ci insegna questo breve racconto? Oltre a un po’ di storia e geografia, a considerare il valore delle cose come qualcosa di passeggero, così come ogni altra circostanza e situazione nella vita. Va bene lottare per ciò che si desidera, ma forse non vale la pena preoccuparci e dannarci l’anima per qualcosa che oggi reputiamo essenziale ed indispensabile e invece domani….