Buonasera a voi, desidero concentrarmi e proseguire il discorso avviato sulle infedeltà maschili, dal momento che l’interessamento sull’argomento è molto alto, gli aspetti da sviluppare diversi e profondi e risalgono a migliaia di anni fa. Mi offre lo spunto la signora Corvini, che nel suo intervento mi scrive che “l’infedeltà è insita nella stessa natura umana e la fedeltà è solo un concetto, perciò rimane un fondamento puramente astratto”. Questa sera tenterò di sviscerare uno degli aspetti storici che hanno portato l’uomo sin dal 594 a.C., a tradire la moglie, frequentando altre donne che di mestiere, facevano le prostitute, per soddisfare bisogni sessuali di una certa portata non ottenibili dalle proprie donne, denominate “donne per bene, mogli esemplari e madri di famiglia”. Abbiamo studi approfonditi, che ci confermano la decisione del legislatore Solone di Atene, che regolamentò con leggi precise, la funzionalità e l’esistenza, senza ombra di dubbio alcuno, delle case di tolleranza o bordelli. Si voleva così ovviare all’ipocrita e falso tentativo di far credere alle nostre antenate, donne esemplari! che mai e poi mai si sarebbero prestate ed umiliate, a mettersi in una posizione sopra al talamo nuziale, che non fosse solo quella detta “del missionario”, dimostrando così, anche in questo frangente sessuale, che si veniva sempre e comunque sottomesse all’uomo. Costui, probabilmente stanco di missioni, missionarie e, con un certo male alla milza per il peso della consorte sempre addosso, annoiato da mogli incartate in busti, stecche di balena, guardinfante, camicie da notte chilometriche, pensava a come salvarsi da questo empasse. Elle, tristemente consce, dovevano fare solo il loro dovere coniugale, rimanere possibilmente incinta al primo amplesso e tacere. Il nostro piacere e godimento puro e semplice, arriverà secoli dopo, ma intanto le martiri e beate si mettevano a gambe aperte, ricoperte da calze di lana spesse dieci centimetri, accogliendo, dentro la loro natura intima mute e rassegnate il frettoloso coniuge. Tenevano gli occhi rigorosamente chiusi, pregando che il supplizio finisse presto e che l’energumeno se ne andasse nella casa di Tolleranza, a sfogare i veri e impetuosi bisogni. In questo modo, le mogli erano sollevate da ciò che consideravano disonorevole e faticoso, coltivando l’inutile pensiero che il loro uomo, non avrebbe commesso adulterio in senso stretto, ma andava semplicemente a sfogare istinti primordiali. Come se un toro o una mucca, facessero i propri bisogni davanti ai suoi simili nella stalla per stare meglio e liberarsi dall’impedimento intestinale. Punto e basta. Si pagava un servizio, compiuto più o meno con grazia ed eleganza, dalle dispensatrici di favori carnali, senza implicazioni di tipo sentimentale e senza timore di procreare. Belle scuse! Non a caso, da qui in poi vi è di il detto, che quello di offrire il proprio corpo e le proprie carni in cambio di danaro è il mestiere più antico del mondo. Ma trattasi di mestiere o di una scelta ben precisa, dettata da contesti ed abitudini storiche conclamate nei popoli e nei secoli? Tra le prime forme conosciute di prostituzione nell’età antica, va ricordata la prostituzione ospitale, vale a dire la concessione, a titolo di gentilezza, della schiava, o della moglie all’ospite; oppure, presso alcune popolazioni per favorire l’esogamia, per ragioni eugenetiche. Altre forme di prostituzione diffuse nell’antichità sono quelle legate alla religione, veri e propri atti di omaggio e devozione alla divinità: prostituzione sacra (sia maschile che femminile) o Ierogamia. La prostituzione sacra era finalizzata a liberare, a vantaggio dell’intera collettività, le misteriose forze della fecondazione. Le donne che la praticavano, dette sacerdotesse, appartenevano al tempio nel quale prestavano il loro servizio, di solito rivolto agli stranieri e al tempio versavano i propri guadagni. Si passò poi da queste forme di prostituzione sacra a forme più profane, svolte con la volgarità più sconcertante nei postriboli o lupanai, da schiave catturate in guerra o razziate, da donne libere, molte delle quali divorziate o straniere Il fenomeno si tesse ancora di nuove figure che prendono il nome di Cortigiane, danzatrici, inservienti e addette ai bagni pubblici. Non facciamoci sciocche meraviglie, sappiamo bene che questi bordelli economici o di lusso, furono chiusi definitivamente con la legge Merlin alla mezzanotte del 20 settembre 1958 e ancora oggi sono serrati. Almeno ufficialmente. Ricordo per nostra conoscenza opportuna che erano circa 560, nelle quali vi lavoravano 2800 donne circa, ed erano controllate e regolamentate dallo Stato sin dal 1883. Termino qui, dicendovi che gli uomini non erano tenuti a confessare al loro Parroco, che frequentavano codeste abitazioni, pagando le meretrici, le poco serie, le prostitute, ma pur sempre donne come noi. L’entrarvi non era da catalogare come peccato, non era immorale. La cosa curiosa è che i religiosi, grandi ed assidui frequentatori delle case di tolleranza, non accettavano ed era perciò peccato morale, persino ii desiderio di un atto impuro, ma allo stesso stesso tempo si era esenti dal confessarlo. Come dire, l’occasione fa l’uomo infedele? proseguiremo ancora, c’è n’è ben donde da sviscerare………………F.S.
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