“Le inutili vergogne”, una recensione

Da Uiallalla

Volendo semplificare si potrebbe dire che “Le inutili vergogne” (il secondo romanzo di Eduardo Savarese, pubblicato dalle edizioni E/O) parla di sessualità e fede. La particolarità del libro è di affrontare il tema da un punto di vista tutto “interno”.

Zia Gilda (una donna che non ha conosciuto l’amore e forse per questo in odore di santità) e Nunziatina (transessuale convinta di portare in grembo il frutto dello spirito santo) sono gli eccentrici poli tra cui oscilla il protagonista, anche lui fuori dagli schemi: Benedetto è un affermato ginecologo e collezionista di Barbie, con una particolare attrazione/repulsione per la vagina, che cogliamo nel momento in cui una serie di eventi, maturati in un passato più o meno recente, lo portano a fare i conti con la propria identità.

La scrittura piana e lineare di Savarese ci accompagna per mano in una realtà “parallela” in cui spiritualità e ossessione convivono (con tanto di visioni mistiche e pellegrinaggi a Santiago de Compostela) e si trasmettono per linea di sangue fino ad accumularsi ed esplodere in un climax degno di un finale di stagione che coinvolge tanto il protagonista (e le sue Barbie) quanto il lettore.


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