Giunto alla sua terza regia, Silvio Muccino si pone come obiettivo quello di avvicinarsi a una messinscena più aderente alle commedie statunitensi. Il ritmo c’è, ma la retorica, la prevedibilità e lo stereotipo fanno eccessivamente capolino in Le leggi del desiderio, che, in fin dei conti, si rivela un prodotto sterile.
Giovanni è un life coach di successo. L’ultima iniziativa mediatica che lo vede impegnato è un concorso televisivo che coinvolge per sei mesi tre concorrenti. L’obiettivo di Giovanni è quello di portare i tre a raggiungere il successo che desiderano.
Solito prodotto prevedibile e costantemente giocato sugli stereotipi, Le leggi del desiderio, essendo aderente al genere commedia, è esattamente ciò che il pubblico si aspetta dal regista Muccino. Inizialmente accattivante e dotato di ritmo e intensità, il film diretto da Silvio si perde per strada e comincia a basare il suo sviluppo narrativo esclusivamente sulla banalità. Eppure note positive paiono esserci: da una parte la volontà di Muccino di rimanere in disparte (guardandoli da lontano e intromettendosi saltuariamente) per lasciare spazio ai tre protagonisti, in procinto di iniziare un percorso di crescita e auto-convinzione, e dall’altra parte l’incisività con cui il regista prova a raccontare la vicenda.
Tuttavia la mediocrità è dietro l’angolo e tutto il lavoro di distaccamento dallo sterile cinema di genere italiano si dimentica in fretta quando comincia a snodarsi la sceneggiatura, che “chiude” idealmente ogni arco narrativo con stucchevole prevedibilità e con frasi a effetto, che paiono pescate dai baci Perugina o, ancora peggio, dagli aforismi preferiti di Fabio Volo. A pochissimo servono gli apporti recitativi di Mattioli, che interpreta il “romanaccio” disoccupato “piazzista” sessantenne dal cuore d’oro e con una moglie sulla sedia a rotelle, di Carla Signoris, segreteria del Vaticano che si diletta con la stesura di romanzi scabrosi (non ricorda nulla? Cinquanta sfumature di grigio?) e di Nicole Grimaudo, timida assistente che si innamora del capo. Le leggi del desiderio dimostra di non avere le capacità di tenere alto l’interesse dello spettatore e di fargli seguire con coinvolgimento le vicende dei protagonisti. Difatti Muccino, guru della comunicazione dallo sguardo malinconico e vulnerabile, “balbetta” nel momento in cui il suo film deve spiccare il volo, rimanendo invece incatenato a quella patina di superficialità, che ha già contraddistinto le sue opere precedenti.
Uscita al cinema: 26 febbraio 2015
Voto: **