Le leggi del desiderio, tipo desiderare di non aver visto questo film

Creato il 10 luglio 2015 da Cannibal Kid
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Le leggi del desiderio (Italia 2015) Regia: Silvio Muccino Sceneggiatura: Silvio Muccino, Carla Vangelista Cast: Silvio Muccino, Nicole Grimaudo, Carla Signoris, Maurizio Mattioli, Luca Ward, Carlo Valli, Paola Tiziana Cruciani Genere: mucciniano Se ti piace guarda anche: Parlami d'amore, Un altro mondo, Ricordati di me, Magnolia
Qual è il vostro più grande desiderio? I soldi? Il successo? Il potere? L'amore? La figa?
Il mio è quello di non vedere film brutti. Vorrei passare da una visione esaltante all'altra, senza soste. Sì, vanno bene anche i soldi, il successo, il potere, l'amore e la figa, però sarei già contento di non imbattermi in pessime pellicole. Che poi a volte, lo confesso, me le vado a cercare in maniera consapevole. Stroncare un film è infatti spesso e volentieri più divertente che scrivere una recensione positiva. Se godo a massacrare robacce di personaggi che mi stanno sulle balle, mi spiace invece di più farlo con gente che mi piace.
Silvio Muccino mi piace. Mi correggo subito: Silvio Muccino mi piaceva. Mi piaceva non nel senso che lo desideravo sessualmente. Mi piaceva perché era un giovane promettente. Non che come attore sia mai stato 'sto fenomeno, però come sceneggiatore sembrava avere qualcosa da dire, sebbene con quella sua parlata alla Jovanotti non si capisse bene cosa.

"Hey tu, vuoi avere successo nella vita?
E allora smettila subito di leggere Pensieri Cannibali!"


Il mio coetaneo Silvio Muccino esordiva ad appena 17 anni con Come te nessuno mai, pellicola adolescenziale davvero efficace che lo vedeva protagonista e co-sceneggiatore insieme al regista del film, suo fratello Gabriele Muccino. Per quanto mi riguarda, il migliore lavoro mai realizzato da entrambi. Correva l'anno 1999 e da lì in poi entrambi avrebbero ancora fatto alcune cose (più o meno) buone: L'ultimo bacio e Ricordati di me Gabriele, Che ne sarà di noi Silvio, di nuovo nelle vesti di sceneggiatore e attore. Poi il declino, per entrambi.
Gabriele Muccino è andato in trasferta a Hollywood, annullando del tutto il suo stile per girare porcatone commerciali che all'inizio hanno conquistato il grande pubblico (La ricerca della felicità) e poi sono state sempre più snobbate (Sette anime e Quello che so sull'amore). In compenso, se non altro si è dato al cibo. A Silvio Muccino le cose sono invece andate ancora peggio. Fisicamente no. Fisicamenete lui è rimasto sempre un bel ragazzo. E lo dico sempre in un senso non di desiderio sessuale. Il suo problema forse è quello. Sarà anche figo, ma si crede troppo figo. Nei tre (pessimi) film che ha girato fino ad ora da regista ha sempre la parte di quello che se la tira un casino. Dopo aver trombato a destra e a manca nel suo agghiacciande esordio dietro la macchina da presa Parlami d'amore, e aver fatto tappa in Africa nel buonista e fabiofaziesco Un altro mondo, qui si è superato. In Le leggi del desiderio, Silvio Muccino è un life coach, uno che di professione fa il motivatore per persone insicure. In pratica, Muccino ha scopiazzato spudoratamente il mitico personaggio di Frank T.J. Mackey interpretato da Tom Cruise in Magnolia e ci ha “regalato” una sua rivisitazione personale. Gente, che regalone. Quest'anno il Natale è arrivato in anticipo! Magnolia, film del 1999. Le leggi del desiderio, film (?) del 2015. Noi italiani come al solito arriviamo in ritardo su tutto e così Silvio Muccino cerca di spacciarci la tematica dei life coach come qualcosa di nuovo e attuale. Nel prossimo film cosa farà, cercherà di dire che l'hair metal anni '80 di Bon Jovi e Guns N' Roses è l'ultima tendenza musicale più cool del momento?

"Non so cosa sto facendo, ma me la sto comunque tirando troppo poco!"


Il pensiero di una brutta copia del personaggio di Magnolia viene fin dal trailer e la pellicola lo conferma in pieno. Le leggi del desiderio desidererebbe essere un approfondimento di quel personaggio ai tempi dei reality-show. Il life coach interpretato da un Silvio Muccino che se la tira davvero un casino, e almeno per quest'aspetto la sua performance recitativa si può dire riuscita, si prefigge l'obiettivo di cambiare la vita a tre “casi umani”: una tipa impacciata amante del suo capo (una Nicole Grimaudo a tratti convincente e a tratti pessima), una casalinga timorata di Dio che nel tempo libero scrive romanzi soft-porno in stile 50 sfumature di grigio (Carla Signoris, idem che per la Grimaudo) e un vecchio venditore alla ricerca di un riscatto (il simpatico Maurizio Mattioli, che se la cava piuttosto bene). Quando Silvio Muccino decide finalmente di levarsi dalle palle farsi gentilmente da parte e mostrarci anche gli altri personaggi, il film non dico che diventa bello, questo no, questo mai, ma se non altro si fa un minimo più interessante. Solo che Muccino, a parte una manciata di minuti, proprio non ce la fa a spostarsi da davanti alla macchina da presa.

"Non posso nascondermi.
So' troppo figo."


Il problema di Le leggi del desiderio, oltre al fatto di essere oggettivamente una pellicola parecchio scadente sotto tutti - ma proprio tutti - i punti di vista, è il fatto di essere troppo mucciniana. E i Muccino, Silvio tanto quanto Gabriele, sono fermi al cinema di 15 anni fa. Quando cercano di rinnovare la loro concezione cinematografica rimasta allo scopiazzare Magnolia o American Beauty, le cose non vanno poi meglio. Le leggi del desiderio a tratti prova ad ammiccare alle commedie indie sofisticate americane, ma fallisce miseramente. La pessima colonna sonora pop-jazz firmata da Peter Cincotti, uno che sta al jazz come Il Volo stanno alla lirica e Giovanni Allevi alla classica, cosa vorrebbe rappresentare? Una strizzatina d'occhio al cinema di Woody Allen? Un tentativo di dimostrare che Muccino jr. non è più il ragazzino rock che propone la musica di Skin degli Skunk Anansie come nel film d'esordio, ma è diventato un regista maturo e raffinato? Qualcuno se l'è bevuta per davvero?

Questo è il suo desiderio, che almeno per ora è lontano dal realizzarsi. La leggi del desiderio non convince quando cerca di essere una commedia radical-chic, né quando tenta di far ridere con alcune gag più esplicite e nazional-popolari, degne di un cinepanettone scaduto. Nel suo restare in bilico tra indie e mainstream, Silvio Muccino come regista continua ad apparire incerto e come attore continua ad essere così così. Peccato che anche come sceneggiatore, la cosa che una volta gli riusciva meglio, sia peggiorato parecchio rispetto ai suoi esordi teen e questo film, dopo averci regalato l'intreccio banale di una serie di personaggi stereotipati, scivola verso un finale tremendo e prevedibilissimo. La cosa più tragica è che, dovendo scegliere tra i suoi tre film da regista, questo è forse ancora quello leggermente meno peggiore.
Se posso esprimere un desiderio allora, oltre ad avere soldi, successo, potere, amore e figa, è quello di non vedere più un film di Silvio Muccino. E, già che ci siamo, nemmeno di Gabriele Muccino. Anche se poi so già che ci cascherò ancora. Il desiderio di stroncarli resta troppo forte.

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