Ho letto piano piano questo romanzo intenso. Fatto di personaggi più che di azione. Una fila di anime di cui Valentina ci parla con sapienza, immerse in una realtà magica. Donne perseguitate da un dono, quello di essere a contatto con i morti, che le rende rifiutate e sole. Il romanzo si dipana prevalentemente descrivendoci i personaggi di Clara Castello, Elsa, Onda e Fortuna. Quest’ultima, la voce narrante, è la ragazza che torna al suo paese d’origine, Roccachiara e ricorda la sua vita di bambina solitaria rifiutata persino dalla madre, che si è aggrappata alla nonna Elsa e a un personaggio non meno principale, Luce. Luce non è una strega, ne’ una maga, ne’ una veggente, ma essa stessa somiglia a loro, è una rifiutata, una crocefissa ai suoi morti; infatti aiuta il padre becchino nel cimitero di Roccachiara, e volteggia tra le tombe dei bambini, essa stessa morta vivente, che porta il peso di una colpa non sua: essere sopravvissuta al fratello. Questo essere in contatto con i morti ed entrambe rifiutate, dalle madri e dalla gente del luogo, rende le due bambine simili, e amiche speciali, in un rapporto di attrazione e respingimento che sarà poi il motore del finale. Finale non del tutto inatteso,e che non posso rivelare, perché la D’Urbano lascia segnali a chi legge con profondità le sue parole. Bravissima nel tenere sempre salda l’atmosfera oscura, dalle descrizioni dei luoghi, agli animi, ai comportamenti, l’autrice ci attanaglia al romanzo in un crescendo di melma scura come il lago, impreziosito da parti poetiche di grande bellezza. Consiglio di leggere questo libro a chi ama i romanzi ottocenteschi gotici, perché è un dark moderno, scritto con la maestria di chi vuole catturare il lettore senza stancarlo. Un viaggio che dura generazioni ma rimane immobile perché affronta la difficoltà di essere diversi e soli. Un buio senza tempo.
Ho letto piano piano questo romanzo intenso. Fatto di personaggi più che di azione. Una fila di anime di cui Valentina ci parla con sapienza, immerse in una realtà magica. Donne perseguitate da un dono, quello di essere a contatto con i morti, che le rende rifiutate e sole. Il romanzo si dipana prevalentemente descrivendoci i personaggi di Clara Castello, Elsa, Onda e Fortuna. Quest’ultima, la voce narrante, è la ragazza che torna al suo paese d’origine, Roccachiara e ricorda la sua vita di bambina solitaria rifiutata persino dalla madre, che si è aggrappata alla nonna Elsa e a un personaggio non meno principale, Luce. Luce non è una strega, ne’ una maga, ne’ una veggente, ma essa stessa somiglia a loro, è una rifiutata, una crocefissa ai suoi morti; infatti aiuta il padre becchino nel cimitero di Roccachiara, e volteggia tra le tombe dei bambini, essa stessa morta vivente, che porta il peso di una colpa non sua: essere sopravvissuta al fratello. Questo essere in contatto con i morti ed entrambe rifiutate, dalle madri e dalla gente del luogo, rende le due bambine simili, e amiche speciali, in un rapporto di attrazione e respingimento che sarà poi il motore del finale. Finale non del tutto inatteso,e che non posso rivelare, perché la D’Urbano lascia segnali a chi legge con profondità le sue parole. Bravissima nel tenere sempre salda l’atmosfera oscura, dalle descrizioni dei luoghi, agli animi, ai comportamenti, l’autrice ci attanaglia al romanzo in un crescendo di melma scura come il lago, impreziosito da parti poetiche di grande bellezza. Consiglio di leggere questo libro a chi ama i romanzi ottocenteschi gotici, perché è un dark moderno, scritto con la maestria di chi vuole catturare il lettore senza stancarlo. Un viaggio che dura generazioni ma rimane immobile perché affronta la difficoltà di essere diversi e soli. Un buio senza tempo.