Quando poi mi capitava di riuscire ad andare, cercavo di dare meno fastidio possibile, evitando di chiedere da bere se avevo sete o facendomi venire il mal di pancia se mi scappava la pipì, tanto che andare a casa degli altri non mi risultava alla fine poi tanto piacevole. Inutile dire che ancora oggi ho sempre riguardo per gli spazi degli altri, sto attenta a non disturbare e a non invadere.
L’altro giorno, mentre ero ferma in coda per entrare in città e andare al lavoro, un furgone mi è entrato da dietro sfondandomi la macchina e schiacciandomi contro il veicolo fermo davanti, e così a catena.
Quando i miei sono venuti a prendermi al pronto soccorso, non solo hanno detto che era colpa mia perché, nell’ordine:
- Vado a lavorare in macchina
- Non ho fatto la solita strada che faccio sempre (ho temerariamente cambiato itinerario per fare benzina)
Non solo. Ma quando ho detto che avrei chiesto a mia sorella la sua macchina per andare a lavorare nel mese a venire, in attesa di comprare un’auto nuova, è scattato il finimondo perché:
- Me ne approfitto sempre degli altri
- Non si può essere gentili con me perché, avuto un dito, mi prendo il braccio
- Nella vita devo imparare a fare come se gli altri non esistessero
Quindi, a parte il fatto che mia sorella ha una macchina che non guida da 4 anni, ferma nel box, mi domando: perché devo fare come se gli altri non esistessero se gli altri esistono?
Io sono quella che una notte ha avuto una colica renale, ed è andata al pronto soccorso da sola senza disturbare nessuno, proprio perché mi è stato insegnato che non devo dare fastidio. Una volta, collassata per un’iniezione di Voltaren, mi sono lavata e sono andata all’ospedale a piedi sulle mie gambe; oppure a letto con una brutta gastro-enterite, ho aspettato che mia madre finisse di lavorare, si facesse la sua passeggiata con mio padre e una doccia rilassante, prima di chiamare per avere un Dissenten: il tutto dopo 17 appuntamenti con il water closet. Son cose che una signora non dovrebbe mai dire, ma 17 è un numero che – in quella posizione – ti può costar la vita.
Ora sono cinque giorni che ho la casa sporca e il cane che puzza di immondizia, ma vado a fare la spesa da sola e mi arrangio come posso e come riesco, cercando di non svenire e non vomitare ad ogni passo che faccio. Stasera proverò a stirare, e pian piano mi rimetterò in sesto. Ma tutto senza dare fastidio. Non solo alla mia famiglia, ma anche ai miei amici e al mio moroso.
Perché così mi è stato insegnato quando ancora non sapevo che mi stavano insegnando una cosa sbagliata. E ora è più forte di me.
A tutti quegli adulti a cui sono state insegnate cose sbagliate, o cose giuste nel modo sbagliato, che normalmente è quello emotivo che ferisce, consiglio “Che tu sia per me il coltello” di David Grossman.
“La famiglia, come fondamento e campo di sterminio”