Le Maldive e il “nazionalismo islamico”

Creato il 24 agosto 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Durante il suo discorso tenuto a un seminario sul terrorismo nella seconda metà di maggio, il maggior generale Ahmed Shiyam, capo delle Forze Armate Maldiviane (Maldivian National Defence Force – MNDF), ha evidenziato i timori riguardanti le minacce poste dal terrorismo nei confronti del paese. I media locali hanno riportato quanto detto dal generale, ossia che “le MNDF hanno confermato le notizie che alcuni giovani si sono uniti a gruppi terroristici stranieri e che molti di loro erano irreperibili”. Egli non ha chiarito se la sua informazione fosse attuale, o se si stava riferendo a episodi passati, alcuni dei quali sono di pubblico dominio. In ogni caso, esistono delle chiare motivazioni per preoccuparsi.

Alla funzione di commiato dello stesso seminario durato tre giorni, il procuratore generale Aishath Bisham, da quanto viene riferito, ha collegato tali minacce alle “esplosioni del Sultan Park” del settembre 2007, avvenute nella capitale Malé, affermando che si trattò della “prima indicazione” che il terrorismo stava attecchendo e dilagando. Ha ammesso che una nazione così piccola come le Maldive non può combattere da sola il terrorismo, richiedendo per risolvere la questione l’assistenza internazionale. Considerando la grande estensione della nazione-atollo, lungo 950 km dell’Oceano Indiano (da nord a sud), con 200 isole abitate su un totale di 1200, e una poco numerosa e sparsa popolazione, poco più di 350.000 persone, con la sola Malé che ne conta circa 100.000, la Bisham ha indicato che il riferimento all’“assistenza internazionale” non avrebbe potuto essere fuori luogo, in particolare considerata la forte dipendenza del paese sul turismo, che potrebbe diminuire in un modo o nell’altro.

Il seminario, organizzato dal Dipartimento di Sicurezza Diplomatica degli USA – il braccio applicativo della sicurezza e della legge del Dipartimento di Stato degli USA – era finalizzato all’addestramento di alti funzionari di polizia nella lotta al terrorismo.

Sultan Park” e oltre

Per una nazione islamica che dimostrava un’estrema fierezza nella propria moderazione religiosa, le Maldive hanno subito un profondo shock dall’episodio di “Sultan Park”, nel quale almeno 12 turisti stranieri, tra i quali otto cinesi, due giapponesi e due britannici, sono rimasti feriti. Al culmine del corteo pro-democrazia che stava infuriando in quel momento, l’incidente era stato inizialmente spiegato come un tentativo per limitare gli arrivi dei turisti stranieri, i quali restano una delle maggiori fonti di reddito nazionale e di entrate per il governo.

In ogni caso, le indagini hanno portato all’arresto di tre uomini maldiviani, i quali, da quanto riferito, hanno confessato il loro crimine, che aveva come obiettivo “mirare, attaccare e ferire i non-musulmani” per conto del jihad (globale). Un raid a una moschea nell’isola Itimadoo, connesso all’attentato, era stato sventato, mentre le MNDF, in seguito alle esplosioni di “Sultan Park”, erano state chiamate all’azione, in una modalità senza precedenti per gli standard maldiviani. Alcuni degli uomini ricercati si credeva fossero fuggiti, probabilmente nello Sri Lanka e (successivamente) in Pakistan, e sono rimasti irreperibili.

Ciò che è stato maggiormente sconvolgente per i maldiviani comuni sono stati i successivi rapporti del 2009, in base ai quali le forze di sicurezza guidate dagli Stati Uniti avevano arrestato alcuni cittadini maldiviani lungo il travagliato confine dell’Af-Pak, durante un’operazione antiterrorismo post 11 settembre. Secondo alcune informazioni erano stati addestrati in madrasa pakistane. Non è chiaro se tra le persone arrestate c’erano anche quelle fuggite dalle Maldive in seguito a “l’episodio del Sultan Park”, oppure se erano delle nuove reclute. Prima di questi arresti fino ad allora, un maldiviano, Ibrahim Fauzee, con presunti legami con Al Qaeda era stato detenuto nella città portuale pakistana di Karachi, già nel 2002, e recluso per un determinato periodo nella famosa prigione americana della Baia di Guantanamo a Cuba.

Fondamentalismo e/o estremismo?

Una nazione che ha adottato l’Islam come religione di Stato da diversi secoli, e che ha mantenuto tradizioni e usanze delle sue isole, incontaminate dal conservatorismo del luogo di nascita della fede musulmana, le Maldive, ad oggi, non forniscono tuttavia la cittadinanza a chi non è musulmano, e neanche a chi non appartiene alla corrente sunnita. Le tanto chiacchierate riforme democratiche, che hanno condotto alla nuova Costituzione e ad elezioni multipartitiche nel 2008, in ogni caso non includevano “libertà religiose”. Se non altro, l’osservare i riferimenti alle “libertà religiose” e ai diritti delle donne della presidente dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, Navi Pillay, ha sollevato un’esplosione di rabbia nel paese verso la fine del 2011.

Lo status quo è proseguito da allora, seppure di tanto in tanto, singoli leader politici e partiti, in particolare l’attuale partito d’opposizione Maldivian Democratic Party (MDP) e il suo leader ed ex presidente Mohammed Nasheed, hanno espresso preoccupazioni a questo proposito. Mentre il partito religioso Adhaalath Party (AP), o “Justice Party”, è criticato per alcuni aspetti negativi della “politica islamista” che probabilmente ha guadagnato terreno nel paese, queste visioni tuttavia sono state favorite durante diverse amministrazioni – quelle del presidente Maumoon Abdul Gayoom (era “pre-democratica”), di Nasheed e del presidente in carica, Waheed Hassan Manik.

Ciò che non è passato inosservato negli ultimi anni, è il “ruolo guida” svolto dall’AP nel mettere insieme un gruppo eterogeneo composto da organizzazioni non governative religiose e partiti politici anti-Nasheed in ciò che è diventato noto come il Maldive National Movement (MNM), iniziato con un piano secondario, chiamato il “Movimento del 23 dicembre”, che ha contribuito non poco alla caduta del presidente Nasheed il 7 febbraio 2012, sostituito dal suo vice-presidente Waheed. Con i membri del gruppo che condividevano il potere nel governo Waheed, inoltre, è stato più semplice questa volta per l’AP capeggiare la richiesta della cancellazione del contratto di costruzione e concessione dell’aeroporto di Malé, firmato con la maggiore compagnia indiana per le infrastrutture, il gruppo GMR.

La campagna dell’AP era cominciata perfino quando il partito faceva parte dell’amministrazione Nasheed, dopo che il MDP lo aveva accolto, avendo messo in campo un candidato esperto nelle elezioni presidenziali del 2008 – ma causando una sorta di allontanamento da parte di alcuni alleati con una sostanziale base elettorale. Il partito pertanto si oppose alla decisione iniziale del governo Nasheed di ratificare la licenza per gli alcolici a un hotel di lusso di Malé, un provvedimento governativo in controtendenza rispetto al prevalente sistema di autorizzazioni per i soli resort turistici, che aveva escluso in primo luogo le “isole abitate”. L’AP si era opposta anche alla volontà del governo di ospitare un detenuto proveniente dalla Baia di Guantanamo, in base a una richiesta degli USA, e d’invitare nel paese esperti israeliani di agricoltura.

Il partito aveva assunto tutte queste posizioni in nome dell’Islam, collegandolo al “nazionalismo”, come avvenuto nel caso dell’opposizione al “contratto GMR”. Un’altra questione è che l’AP ha avuto una parte molto influente nel governo Nasheed quando quest’ultimo ha firmato il contratto con la GMR, ma ha iniziato a protestare con forza solamente dopo aver abbandonato l’amministrazione. Il tutto iniziò a mettersi in moto dopo che i membri dell’AP avevano protestato contro alcune statue – che da quanto riferito sono state danneggiate – poiché interpretate come icone non islamiche, le quali erano state donate dalle nazioni membri del SAARC al termine di un vertice tenuto nell’area meridionale di Addu City. Ciò ha determinato l’avvio per il “National Movement” della richiesta dell’immediata cacciata del presidente Nasheed, e, non molto tempo dopo, la cancellazione del contratto con la GMR.

Indipendentemente da ciò che l’AP o altri alleati potevano aver richiesto all’epoca – o, ancora adesso – il “Movimento del 23 dicembre” e le “proteste anti-GMR” devono essere analizzate solamente come una parte di un processo più ampio, dove la religione è stata utilizzata per servire un fine politico. In questo contesto, un argomento come il “nazionalismo” avrebbe potuto avere una maggiore rilevanza nelle menti dei maldiviani, data la storia dell’aeroporto di Malé, la passata espansione, ecc. Diversamente, date le contraddizioni intrinseche all’interno dei partiti politici e dei gruppi non politici, con i loro leader uniti all’epoca esclusivamente in funzione anti-Nasheed, solo la religione avrebbe potuto provvedere all’effetto di consolidare una tale prospettiva – e l’AP è stato utile al proposito.

Questo divenne molto più chiaro non molto tempo dopo l’uscita di scena da parte di Nasheed. I leader veterani non appartenenti al MDP avrebbero sostenuto che spettava a loro portare avanti l’amministrazione dello Stato, non alle organizzazioni non governative. Non molto tempo dopo, al culmine delle proteste dei partiti AP e MNM, che chiedevano il termine del contratto con la GMR, il Progressive Party of Maldives (PPM) dell’ex presidente Gayoom ha abbandonato il National Movement, criticando i suoi capi perché attaccavano pubblicamente i leader del partito. Le differenze su questioni politiche erano già iniziate a mostrarsi, ma l’AP-MNM era impegnata nella questione della GMR, dopo tutto, probabilmente per il peso che attribuiva agli obiettivi principali del governo che anche il PPM, assieme agli altri alleati nell’amministrazione Waheed, aveva originariamente sottoscritto, sia dentro che fuori il Parlamento.

Con il senno di poi, è necessario ammettere che nel caso delle proteste anti GMR, il “nazionalismo” di per sé era al centro della campagna politica. Ma la direzione successivamente fornita dall’AP-MNM – senza essere contrastata dai partiti politici più forti che formavano la coalizione di governo – ha trasformato la campagna intrapresa dal partito in un’azione che combinava Islam e nazionalismo. Ad oggi, l’AP è un forte alleato del presidente in carica Waheed, il quale parteciperà alle prossime elezioni presidenziali di settembre. All’altra estremità della coalizione vi è la compagine liberale del Dhivehi Rayyathunge Party (DRP), originariamente fondato dall’ex presidente Gayoom prima delle elezioni del 2008, dal quale egli uscì successivamente per fondare in seguito il PPM.

Recentemente, l’AP ha affermato che si sarebbe opposto al controverso Accordo sullo Status delle Forze Armate (Status of Forces Agreement – SOFA) proposto dagli USA; ma, evidentemente, non lo ha contrastato nella stessa maniera in cui si era opposto al governo Nasheed sulla “questione religiosa” posta dalla SAARC, e nei confronti del contratto GMR, che era una proposta commerciale, dove il “nazionalismo” piuttosto che altre accuse, come la supposta corruzione, trovò solamente un posto secondario. La timidezza dell’AP sulla questione del SOFA potrebbe essere legata alla vicinanza del partito al presidente Waheed, che nel frattempo ha affermato che non avrebbe firmato l’accordo in base alle linee proposte dagli Stati Uniti.

In questo sfondo, si solleva la domanda se le questioni politiche pertinenti all’Islam e al “nazionalismo” possano essere confuse con il “nazionalismo islamico”, il quale è ciò che viene visto come il rappresentante dei pensieri politico-religiosi estremisti sul tema. Oppure, gli sforzi nelle Maldive dei partiti come l’AP per ravvivare “il modo di vivere islamico” dovrebbero essere considerati di per sé allo stesso modo di una chiamata per i jihadisti. Vi sono due opinioni divergenti, ma potrebbe essere utile considerarle ognuna in una maniera indipendente dall’altra, in modo tale da comprendere se sono totalmente valide entrambe, o solo in parte.

Andrebbe ricordato che il leader dell’AP Sheikh Imran, rivolgendosi al personale delle MNDF prima del Ramadan nel 2011, aveva equiparato il jihad ad una tattica militare capace di adeguarsi all’era moderna. Le critiche abbondarono all’epoca, anche se nella maggior parte dei casi privatamente, sia per ciò che aveva detto, ma anche sul giudizio di permettergli d’indirizzare un simile messaggio alle truppe. Come vogliono le coincidenze, con la crescita della politicizzazione del partito a partire dalle “proteste contro Nasheed”, che sono iniziate successivamente in quell’anno, c’è una minore veemenza riguardo il fondamentalismo religioso che era considerato vicino all’estremismo. Sono stati riportati anche il risentimento di alcuni dei primissimi aderenti del partito nei confronti dell’AP per aver abbandonato il manifesto originale di restaurare i “valori islamici” nel mezzo della crescente modernità, per avere un ruolo politico non prestabilito.

Tendenze globali, necessità locali

Lungo le strade di Malé, la capitale maldiviana che rappresenta un terzo della popolazione nazionale, il “fondamentalismo religioso” è spesso identificato con la crescente presenza di uomini con barbe fluenti e di donne con vesti che le coprono dalla testa ai piedi, eccetto il viso. Se questa di sicuro è una nuova tendenza nelle Maldive, dovrebbe essere contestualizzata con l’emergente tendenza globale, post 11 settembre, nella quale i musulmani in quanto tali necessitavano maggiori rassicurazioni, le quali non sono state esattamente disinvolte da parte di altre nazioni e popoli.

In questa “era della comunicazione”, com’è definito il XXI secolo, il globo si è ridotto a un “villaggio globale”, nel quale idee di democrazia multipartitica, per esempio, sono capaci di penetrare in una nazione di isole, sperdute e isolate, come le Maldive. Lo stesso processo ha facilitato la diffusione anche di altre idee lungo la nazione, che in ogni caso è fiera della propria identità islamica, anche di più che nella forma moderata messa in pratica, a causa del secolare isolamento.

Il mondo ha raramente ammesso il fatto che, malgrado le percezioni contrarie, le Maldive hanno un sistema d’istruzione moderno da 30 anni a questa parte, in accordo al sistema di Cambridge del modello britannico. Avrebbe potuto avanzare di un ulteriore livello o due, se l’istruzione moderna, ancora limitata per lo più alla maturità, fosse migliorata nell’includere un’istruzione elevata nelle diramazioni umanistiche e scientifiche, così come nell’ingegneria, nei corsi di medicina e in altri corsi di formazione professionale. La popolazione ridotta e le lunghe distanze all’interno del paese hanno fatto in modo che tale espansione in verticale del sistema educativo sia in un certo senso impraticabile.

Per il mondo esterno, confondere il “ritorno” dei maldiviani verso le proprie radici religiose, per diverse ragioni, con l’avvento dell’estremismo, potrebbe essere fuorviante. Al culmine del movimento per la democrazia nel paese, e tanto più dopo la controversa uscita di scena del presidente Nasheed del 7 febbraio 2012, i manifestanti nelle strade di Malé e altrove nel paese sono stati visti mostrare lunghe barbe (gli uomini) e abiti fluenti (le donne, incluse le ragazze). Sebbene in un primo caso ciò potrebbe essere collegato alle proteste pubbliche contro il governo trentennale del presidente Gayoom, gli ultimi episodi rappresentano decisamente un riflesso della percezione dei manifestanti riguardo moderna democrazia, politica e governo – con il mantenimento del personale credo religioso in una sfera privata.

Nonostante tutto questo, “l’insegnamento religioso” nelle Maldive per trent’anni è stato limitato a poche ore alla settimana nelle scuole comuni lungo il paese e in pochi istituti speciali adibiti a questo scopo. Gl’insegnanti vengono da tutta l’Asia Meridionale, specialmente dal sud dell’India, e la religione non è stata una misura di reclutamento. L’insegnamento tipico da madrasa, che è stato mal interpretato, è in gran parte non disponibile nel paese, se non altro in istituti specializzati e limitati esclusivamente agl’insegnamenti religiosi, non al jihad o alla militanza. Sebbene non sia inteso in questa maniera, potrebbe anche servire allo stesso modo come un settore di nicchia per la formazione professionale.

In questo contesto, le poche famiglie e/o studenti che vogliono intraprendere gli studi nelle madrasa migrano verso paesi come il Pakistan, dove le giovani menti possono essere facilmente influenzate. Le equivalenti delle madrasa che insegnano la forma d’Islam prevalentemente riconosciuta nelle Maldive sono disponibili in alcune parti dell’India, non ovunque. Per gli studenti maldiviani, ad esempio, avendo a disposizione una diffusione della conoscenza negli ultimi trent’anni e cercando la forma preferita d’Islam come base nel selezionare madrasa straniere per gli studi superiori, un maggiore accesso alle madrasa indiane, dotate di moderni strumenti educativi, dopo tutto, potrebbe fare la differenza.

Politicizzazione dell’Islam, “Islam politico”

La questione non riguarda solamente la politicizzazione dell’Islam, o “l’Islam politico”. Riguarda anche utilizzare “l’Islam politico” per denigrare l’avversario, in termini elettorali, proprio come la religione e la casta, l’etnia e la cultura, la lingua e la demografia sono tutti diventati strumenti elettorali in altre parti dell’Asia Meridionale. Una cosa è valutare se tutto questo possa contribuire alla creazione di un’ideologia che ottenga una posizione guida nella disposizione delle cose di una nazione. Un altro aspetto è confondere questo elemento con la nazione, e rifiutare di considerare la possibilità (teorica) di una politica pragmatica capace allo stesso modo di moderare l’ideologia in una “giusta maniera”.

Nelle Maldive, dove tutti i partiti politici ufficiali messi insieme non rappresentano nemmeno la metà degli elettori registrati, che sono in totale più di 249.000, e con l’AP che sta avendo uno sviluppo di gran lunga inferiore rispetto agli altri, i dati parlano da sé – dicono molto a proposito della grande necessità di una maggiore moderazione e di “giuste maniere”. È ancor più opportuno se si considera la vasta quantità di elettori non impegnati, nella quale più del 40% della popolazione giovanile, se frustrata dalle politiche correnti, potrebbe guardare altrove per la propria salvezza. È in questo modo che il fondamentalismo religioso e/o l’estremismo potrebbero essere attraenti per molti, non è forse il contrario. La classe politica nazionale divisa non può tradirli ulteriormente, dopo aver promesso tanto senza mantenere la parola.

Nelle Maldive islamiche, sarebbe stato l’equivalente con l’ideologia/militanza di sinistra in ambienti politicamente più laici, come altrove nel resto dell’Asia Meridionale. L’AP e le organizzazioni non governative alleate non politicizzate o apolitiche potrebbero allora esserne i beneficiari, per impostazione predefinita – una possibile situazione causata dal fallimento dei partiti maggiormente affermati nel tener fede ai loro impegni nei confronti dei loro quadri dirigenziali e delle persone. Non dovrebbero favorire un processo che ora è proiettato come un contributo nei confronti dell’estremismo religioso, della militanza o del terrorismo. La causa di quest’ultimo percorso, se non del tutto, risiede altrove – sia vicino che lontano, se la classe politica ha fallito nelle Maldive, così è avvenuto anche nell’ambito della comunità globale, in particolare nel distinguere tra un ritorno alle tradizioni islamiche e l’avvento del terrorismo islamico, agendo di conseguenza.

(Traduzione dall’inglese di Fabiano Balzamino)


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