Le memorie di Christopher Hitchens

Creato il 08 giugno 2012 da Ecodifoggia @ecodifoggia

di Claudia Spadoni

Christopher Hitchens

(Ecodifoggia.it) - Arriva anche da noi il memoir postumo diChristopher Hitchens, giornalista, scrittore e pensatore libero (da qualsiasi “dottrina” preconfezionata). Gli dedichiamo un omaggio nel suo stile: chi indovina gli amici intellettuali a cui ha dedicato due capitoli?

Questione di etichetta. Polemista, bastian contrario, dissidente, agitatore, provocatore. Di tante definizioni utilizzate per inquadrarlo, Hitchens non ne salva una («è un peccato che la nostra cultura non possegga un’espressione positiva per chi fa opposizione o anche per chi cerca di pensare con la propria testa»). Da evitare «ribelle », anche se lui l’ha usato per Consigli a un giovane ribelle (Einaudi, 2008).

«Sono stato un ragazzo educato e di buone maniere, che sceglieva le proprie battaglie deliberatamente, anziché inseguire gli ormoni».

Grazie di cuore. Non sorprende che Hitch 22 contenga due capitoli dedicati a «Mar tin» e «Salman» (Amis e Rushdie, ça va sans dire). Le dichiarazioni di reciproco amore intellettuale fra i tre scrittori abbondano nelle loro interviste. Quando una volta gli hanno chiesto quale fosse la cosa di cui andava più orgoglioso nella vita, Hitch rispose: «Dato che non posso considerare i figli come fatti esclusivamente da me, mi inorgoglisce essere il dedicatario di libri di Salman Rushdie e Martin Amis».

«L’alcol a buon mercato è una falsa economia (...) Evitate le droghe: vi rendono più, e non meno, noiosi».

Tiro al bersaglio. Tra le figure contemporanee più disprezzate, Hitchens cita Osama Bin Laden, Joseph Ratzinger e Henry Kissinger, da lui considerato «un criminale di guerra, un finto accademico, un noioso» e messo idealmente alla sbarra in Processo a Henry Kissinger (Fazi, 2005). Stessa sorte è toccata alla «donna incomprensibilmente nota come “Madre” Teresa», protagonista de La posizione della missionaria (minimum fax, 2003). Solo un antipasto del succulento atto d’accusa contro religioni, oscurantismo e superstizione che è stato Dio non è grande (tradotto da Einaudi nel 2007).

«In un servizio sull’11 settembre buttato giù a caldo, scrissi che era come se Charles Manson fosse stato fatto Dio».

In ultima analisi. Non confondetelo con la raccolta di riflessioni e scritti sulla morte che Hitchens ha affidato a Vanity Fair America (Mortality esce in autunno). Hitch 22 (Einaudi, 20 euro) è un memoir per nulla lacrimoso, perfino nella prefazione scritta al quarto stadio di malattia («non c’è un quinto»). È più simile a un (as)saggio di storia contemporanea intriso di ricordi personali, scritto all’alba dei 60 anni, quell’«epoca della vita in cui si comincia ad andare alla ricerca dei nomi dei coetanei nella pagina dei necrologi».

«Chi sono le mie eroine preferite nella vita vera? Le donne dell’Afghanistan, dell’Iraq e dell’Iran che rischiano la vita e la loro bellezza per sfidare l’oscenità della teocrazia».


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