Sono trascorsi cento anni dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, venticinque dalla caduta del muro di Berlino e, anche se qui non se ne parla affatto, trecento dall'accessione al trono britannico di Giorgio I di Hannover. Raccontare una storia complessa come quella della Germania non è certo una cosa facile. Raccontarla in 600 oggetti sembra quasi un impresa impossibile. Eppure il British Museum ci riesce con sorprendente facilità e grande diplomazia.
Goethe in the Roman Campagna. 1787, by Tischbein; The Strasbourg Clock, 1589, by Isaac Habrecht / pic: © U. Edelmann - Städel Museum - ARTOTHEK
E proseguendo nel percorso uno non può non chiedersi con l’avvicinarsi del XX secolo come i curatori avrebbero affrontato l’Olocausto – se l’avrebbero affrontato affatto o se avrebbero altato a piedi pari quel periodo di orrore e vergogna. E così quando si arriva alla replica delle porte di Buchenwald, vicino a Weimar, la città di Goethe- l’emozione è forte. Una semplice stanza bianca al cui centro è un panca che invita alla sosta e alla riflessione davanti alla replica del cancello di Buchenwald il cui motto Jedem das Seine, (a ciascuno il suo) fa congelare il sangue nelle vene. Sul muro una mota dei curatori dice non ci sono abbastanza parole per descrivere l'Olocausto. E se questo è palesemente inesatto (fatevi un giro all’Imperial War Museum di Londra dove un intero pieno
è dedicato a questa tragedia), la forza emotiva di questo "mausoleo" è di una violenza inaudita nella sua assoluta semplicità. Ancora di più se si pensa che l’artista ebreo incaricato di creare le porte, apparteneva al tanto odiato Bauhaus e utilizza per la scritta proprio i caratteri tipografici. Ride bene chi ride ultimo mi è venuto da pensare. Umorismo nero, anzi nerissimo.
Certo, lo spazio angusto non aiuta il layout della mostra, così come la l'abbondanza di testo che rallenta il ritmo del percorso. Ma ne vale la pena. Per imparare, per rimettere tutto in prospettiva.
Ma soprattutto per capire.
Fino al 25 Gennaio
www.britishmuseum.org