di Alice Rohrwacher (Italia, 2014)
con Alba Rohrwacher, Sam Louwyck, Maria Alexandra Lungu, Monica Bellucci
durata: 115 min.
★★★★☆
Lo avevo già scritto recensendo il precedente Corpo celeste e sono costretto (felicemente!) a ripetermi: il cinema di Alice Rohrwacher ricorda tantissimo quello degli esordi di Ermanno Olmi, e senz'altro in questo caso è un bel complimento se pensiamo che stiamo parlando di una regista appena trentenne. La sua opera seconda, Le meraviglie, è infatti anch'essa fortemente permeata di natura e misticismo, di rimandi ad un mondo fatto di fatica, sudore, tradizioni contadine, un caleidoscopio di 'riti' sacri e profani che fanno da sfondo a una vicenda apparentemente senza tempo, una specie di parabola laica su un pianeta che cambia (forse) troppo velocemente per chi non ci sta a vivere secondo i ritmi forsennati dell'attualità.
Fin dalle prime immagini si ha la sensazione che il tempo si sia fermato: in aperta campagna non ci sono luci elettriche, nè si vede barlume di modernità...solo il buio pesto di una notte senza luna. Gli unici rumori sono gli spari dei cacciatori che si alzano presto al mattino per uccidere la selvaggina, intorno il silenzio assoluto. Poi la macchina da presa si sposta lentamente dentro il casale, mostrando la vita di una famiglia che, per dirla alla maniera di una presentatrice tv bellona e senza cervello (una calzante Monica Bellucci), vive come nella preistoria: ci si alza presto, si dà da mangiare alle bestie, si raccolgono gli ortaggi, si esce nei campi. Poi, evasa la quotidianità, si passa al lavoro 'vero' e proprio: la smielatura. E qui il film raggiunge vette di suspance pura: quando le api fuggono spaventate dalle arnie e bisogna rimetterle dentro a forza, con le mani, sfido qualsiasi spettatore a trattenere conati allo stomaco... eccola dunque, di nuovo, la natura arcigna e spietata, bellissima e terribile allo stesso tempo. E' impossibile non ripensare a L'albero degli zoccoli, dove le immagini bucoliche di una terra soave e incontaminata si incrociavano brutalmente con la sequenza-choc dell'uccisione del maiale: davvero brava la piccola Rohrwacher a ricostruire le stesse emozioni e la stessa poeticità, a volte contemplativa e a volte tragica.
Ma sarebbe davvero sbagliato considerare Le meraviglie come un film intimista e malinconico, dallo sguardo sul passato. E' invece una pellicola potente e drammatica, in cui tutti noi veniamo messi in guarda dalle storture del nostro presente: la chiave di lettura è la figlia più grande, Gelsomina (una bravissima Maria Alexandra Lungu), dibattuta tra l'amore per la famiglia e la propria attività (lei adora le api, le coccola, le capisce, le mette in bocca, le fa camminare sulla faccia) e la naturale voglia di una quattordicenne che vede le proprie coetanee sculettare in tv e desidera ardentemente affacciarsi sul mondo 'normale', quello che babbo Wolfgang rifugge come il demonio ("il mondo sta finendo", ripete spesso), barricato nella sua cascina vivendo come un hippy e rifiutando di trasformarla in un più redditizio agriturismo, malgrado i tanti debiti accumulati. Le meraviglie racconta l'ostinazione di una comunità ancestrale che fatìca tantissimo ad accettare la 'modernità' in cambio del proprio modo di essere...
Così, quel finale tetro e quelle immagini di una casa vuota e decrepita, che lasciano trapelare il dubbio che quanto visto finora non abbia alcuna reale fondatezza, la dicono lunga sulla difficoltà di rapportarsi a un presente dominato dal consumismo e dall'apparenza, dove è la tv a farla da padrone. Il fatto che questa denuncia (forse un po' abusata, ma comunque trattata con originalità) venga da una ragazza poco più che trentenne, merita il massimo rispetto. E anche un bell'applauso.