Sì ok è comoda, sicuramente, sì è vero la mappa è tutta colorata e le linee si capiscono, è anche veloce, indubbiamente, ma non fa per me. Adoro l’aereo, parto da qui e arrivo lì, fine, nessun problema, nessun rischio di sbagliare fermata, nessuna sensazione di ansia che ti porta a passare tutto il tragitto con il naso incollato o al finestrino o alla mappa per capire quanto manca all’arrivo. Mi rendo conto che in città l’aereo non sia fattibile, ma una bicicletta no?
Viaggiando in compagnia il problema non si pone, io posso organizzare il viaggio, comprare i biglietti, fare un planning delle cose da vedere, ma per quanto riguarda la metropolitana, se c’è, mi affido agli altri, tutto quello che dico è “dobbiamo arrivare qui” e poi il mio lavoro finisce. Se invece si va a piedi il discorso è diverso, ma cominciamo col raccontare le mie sventure in metropolitana e proseguire poi col resto.
SVENTURA NUMERO 1
Quando sono stata per la prima volta a Berlino, l’aprile scorso, la mia amica Federica mi ha scorrazzato in giro in tram e in metro finché un giorno ci siamo perse. Dovevamo andare a mangiare la Schnitzel più grande di Berlino, e invece siamo riuscite a prendere la linea sbagliata, e arrivare nel ristorante con più di un’ora di ritardo sulla nostra tabella di marcia. Ancora adesso non so dirvi dov’eravamo finite, se lei non c’era io sarei stata capace di passare la giornata in metropolitana cercando disperatamente di tornare da dov’ero venuta, abbandonando l’idea della Schnitzel.
SVENTURA NUMERO 2
Siamo sempre a Berlino ma questa volta sono in giro da sola. Da casa di Federica prendo il tram, perchè ormai ho capito dove devo scendere e che numero devo prendere, munita di foglietto delle istruzioni per ogni evenienza. Scendo ad Hackescher Markt e decido di camminare fino al Parlamento passando però per il duomo, ci si mette circa un’oretta. Alle 20 dovevo trovarmi al ristorante con la mia amica e alle 19.30 ero ancora al Parlamento, al che mi sono detta “prendiamo la metropolitana”. Morale della favola? Sono scesa, mi sono guardata intorno per una decina di minuti senza riuscire neanche a capire dove dovessi andare, ho alzato le spalle e alla fine me la son fatta a piedi, arrivando palesemente in ritardo.
SVENTURA NUMERO 3
Un classico, il guaio è che non mi ricordo se mi è successo a Londra o da qualche altra parte perché ormai è passato del tempo, fatto sta che arriva la metro e si spinge per entrare, metto tutti e due i piedi dentro il vagone e dentro di me penso “evvai l’ho presa”, sfiga vuole che l’angolino della mia borsa si era incastrato tra le due porte, così sono rimasta attaccata all’uscita fino alla fermata dopo.
SVENTURA NUMERO 4
Alle mie sventure in metropolitana si aggiungono quelle in autobus e vi racconto quella che, col senno di poi, trovo più divertente. Giro per bacari a Venezia con gli amici, quando è ora di tornarsene a casa. Nessuno sa gli orari degli autobus, per cui ci si dirige verso Piazzale Roma con l’idea di prendere il primo che parte. Mi balena nella mente che il mio ultimo autobus sarebbe partito a breve, poi avrei dovuto prenderne un altro e farmi il giro del globo. Arrivo in Piazzale Roma, vedo l’autobus col motore acceso, vedo le porte chiudersi di fronte a me e con un gesto disperato infilo l’ombrello tra le due porte. L’autobus è partito con il mio ombrello metà dentro e metà fuori lasciandomi a piedi.
SVENTURA NUMERO 5
Dopo la metropolitana e l’autobus non poteva mancare il treno. C’è stato un tempo in cui frequentavo l’università di Padova (che poi ho salutato per tornare a Venezia) ed ero costretta ad andare in treno. Una sera, finita lezione, io ed una mia compagna di corso arriviamo in stazione correndo per prendere il treno. Guardiamo di sfuggita il numero del binario, saliamo le scale e ci fiondiamo sul primo treno che vediamo. Ci sediamo e ci rilassiamo stanche per la corsa, dopo pochi secondi il treno si muove… ma dalla parte opposta alla nostra! Scendiamo alla fermata successiva, in un paesino chiamato Mestrino con una stazione dimenticata da dio, aspettando un treno che ci riportasse indietro. Abbiamo aspettato più di mezzora.