Titolo: Le notti sembravano di luna
Autore: Laura Bosio
Editore: Longanesi
Anno: 2012
“Caterina, segreta principessa, sfrecciava sulla bicicletta lungo i viali-corridoio e le piazze-anticamera facendo gimcane intorno agli alberi come aveva fatto con il triciclo intorno alle gambe del tavolo, nell’appartamento di periferia, tre camere e servizi, dove era costretta a vivere in una specie di confino dentro il suo stesso palazzo. Seduta sulla sella in posizione aerodinamica oppure in piedi sui pedali, il manubrio ben stretto, correva per la città-castello, con o senza permesso, attenta a ogni pietra, a ogni tombino, a ogni vetrina, finestra e tetto di quel palazzo dalle tante facce, buffe, altezzose, terribili, tristi, di marmo, di mattoni, di edera, orgogliosa delle sue gambe. Gambe lisce, sode, sottili e senza peli. Gambe da corridore. Il corridore che voleva diventare”.
La grandezza del romanzo di Laura Bosio sta nelle atmosfere.
L’autrice riesce a farci vivere (o rivivere) l’Italia degli anni Sessanta attraverso gli oggetti e i sogni delle persone comuni. I colori e le emozioni diventano elementi imprescindibili di una storia che è costruita sui dettagli più che sulla trama.
La visione infantile della protagonista viene rivisitata da una coscienza adulta, un Io narrante che si rivolge a un misterioso interlocutore, alternando momenti di commozione a parentesi di tenerezza.
La bicicletta di Caterina è una Chiorda argentata, non somiglia a quella dei corridori veri, leggera, con la canna e il manubrio curvo, ma è comunque in grado di trasportarla lontano da tutto ciò che non va, soprattutto dalle carezze mancate di una madre vittima della propria severità e delle proprie frustrazioni.
“Per un «bella» detto da Adele Caterina sarebbe stata disposta a tutto, qualsiasi cosa, forse anche smettere di sognarsi corridore”.
Corre, Caterina, corre lungo il fiume che è il grande amore della sua vita, insieme alla bicicletta che è la sua passione, “la follia solitaria, la fatica fisica che le dava l’ebbrezza e la faceva sentire invincibile”, e noi con lei dimentichiamo i confini in cui spesso la mente ci rinchiude, le amarezze che sviliscono gli entusiasmi.
La fabbrica e le strade di periferia la Bosio le descrive con una scrittura pacata e rispettosa, che non cerca approvazione né crea stupore, ma racconta con semplicità e arriva dritto al cuore.
Caterina cerca di capire il mondo che la circonda, una società che appare confusa, transitoria, in cerca di un’identità. Così osserva al di qua dei vetri il padre operaio che, dal balcone di casa, rivolge agli orti i suoi comizi intrisi di inquietudine e voglia di riscatto, trovando conforto e sfogo nel vuoto e nel silenzio.
Questi tra i passi più riusciti, a mio parere, così come le descrizioni delle ambizioni borghesi di Adele, perché tutto parte sempre dalla famiglia, primo nucleo di affetti e sentimenti, prima tessera che compone il mosaico di una vita.
Consigliato a chi non cerca emozioni artificiali ma vuole conoscere quelle altrui e rivivere le proprie.
Voto i-LIBRI: