Le Onde Gravitazionali spiegate ai miei genitori

Creato il 11 febbraio 2016 da Ferdori

Alle 10:50 di mattina del 14 settembre 2015 un anomalo segnale registrato dagli strumenti di alcuni laboratori scientifici, ha dato il via ad una serie di verifiche che hanno portato,  oggi 11 febbraio 2016, all’annuncio della scoperta delle onde gravitazionali.

Curiosamente, spiegare cosa siano queste particolari onde è risultato molto più agevole del tentativo svolto in ambito informatico con le cartelle o i fantomatici comandi Apri, Salva e Salva con nome.

Cosa sono dunque queste onde gravitazionali, chi ne ha immaginato l’esistenza e che importanza hanno?

Per rispondere occorre prima ripercorrere un paio di tappe storiche.

Nella seconda metà del 1600 Isaac Newton formulò la sua teoria della gravitazione universale, vale a dire una spiegazione del perchè un corpo viene attratto da un altro, oppure secondo la leggenda, perchè una mela cade quando si trova sospesa nel vuoto.

Proprio la parola vuoto è la chiave di tutto.

Newton immaginò ed ipotizzò che tra i pianeti, le stelle e tutti gli altri corpi celesti, ci fosse un vero e proprio spazio vuoto.

Ma vuoto vuoto, senza proprio niente; nessuna particella invisibile, nessuna connessione, nessun elemento nascosto.

Vuoto.

Stabilito questo, come mai allora la sua famosa mela cadeva verso la Terra, la Luna restava in orbita e tutti gli altri elementi dello spazio, celeste e non, avevano il comportamento che possiamo osservare?

In parole molto semplificate la sua spiegazione fu che nell’Universo ciascun corpo attrae verso di sé gli altri corpi con una forza in qualche modo proporzionale al proprio peso (alla massa) e inversamente proporzionale alla distanza.

In altre parole, più un corpo è grande e vicino all’altro, più forte sarà la forza con cui lo attrae.

Questa forza è quella che viene chiamata gravità.

Per circa 300 anni nessuno ha nulla da ridire, quindi nessuno mette in dubbio questa teoria.

Nei primi anni del 1900 però appare sulla scena Albert Einstein che, tra le svariate scoperte ed illuminazioni, presenta la sua famosa teoria della relatività che cambia il concetto di spazio e di tempo.

Il problema è che questa sua teoria alla resa dei conti mal si sposa con la legge di gravitazione universale di Newton.

C’è qualcosa che non va, non si incastrano bene, anzi.

Non è che una escluda completamente l’altra, ma ci sono dei problemi evidenti di compatibilità che portano a dire che non possono essere entrambe corrette.

Einstein impiega dieci anni per trovare la quadra del tutto e nel 1915 pubblica la versione definitiva della sua teoria della relatività generale che sistema le cose con Newton, almeno dal punto di vista teorico.

L’intuizione di Einstein è che tra i vari pianeti e corpi celesti non ci sia uno spazio vuoto, ma quello spazio sia costituito da onde gravitazionali e dunque il vuoto non esista; in altre parole il vuoto non è vuoto.

Ogni corpo è immerso dentro queste onde e le curva in proporzione al proprio peso (massa).

Ogni altro corpo viene attratto dal corpo vicino non in base al peso, ma in base a quanto sono state deformate e incurvate le onde gravitazionali su cui è appoggiato.

Ecco dunque che la gravità diventa una questione non direttamente di grandezza e distanza, ma una questione che dipende da quanto un corpo con il proprio peso deforma lo spazio attorno a sé.

Se le cose stanno veramente in questo modo, allora Einstein ha ragione e Newton torto.

Ma in fisica e nella scienza tutta, le teorie sono una cosa e la realtà un’altra.

Secondo il metodo sperimentale una cosa diventa vera quando la si può misurare con strumenti di laboratorio.

Il 14 settembre 2015 questa misurazione è avvenuta per la prima volta e oggi è stato il giorno dell’annuncio.

Veniamo però al dunque: come spiegare cosa sono le onde gravitazionali in modo più semplice?

Abbiamo detto che una volta si credeva che l’attrazione dei corpi avvenisse in base al peso e invece ora si è stabilito che dipende dalla deformazione delle onde gravitazionali.

Facciamo un’analogia e prendiamo in considerazione cosa può accadere ad una piccola barca che naviga lungo il corso di un fiume.

Immaginiamo che in un lato del fiume ci sia un vortice (un gorgo, un mulinello) che gira e immaginiamo che la barca passi al centro del fiume, lontano dal vortice abbastanza da non esserne attirata.

La barca prosegue tranquilla e nulla accade.

Immaginiamo invece che la nostra barca si trovi a navigare dalle parti del vortice al punto da esserne attratta.

Cosa succede? Come funziona il vortice? Perchè attrae la barca? Quali sono le conseguenze possibili?

Importante!

Non esiste una forza diretta che partendo dal vortice attrae la barca.

C’è però una forza che fa in modo che il vortice deformi la superficie dell’acqua piegandola verso il basso come se fosse schiacciata da un peso messo sopra.

La barca subisce un cambiamento di rotta quando incontra la pendenza dell’acqua verso il basso, smette di navigare diritto e comincia a curvare verso il vortice.

In quel momento la barca è entrata nella curvatura dell’acqua, cioè nella deformazione creata dal vortice.

E’ lo stesso principio definito da Einstein quando ha pensato alle onde gravitazionali.

Un corpo celeste che sta viaggiando diritto nello spazio subisce una deviazione di traiettoria quando transita nelle vicinanze di un corpo molto più grande di lui.

Quel cambio di traiettoria, quella deviazione, non dipendono direttamente dalla massa dell’altro corpo celeste, ma dalla deformazione che il secondo corpo ha creato sotto di sé.

Dunque lo spazio non è vuoto come si pensava fino ad un secolo fa, ma è come una specie di tappeto di onde (chiamate gravitazionali) che si deformano sotto la massa dei vari corpi celesti.

Le situazioni di equilibrio che possiamo osservare in ogni frangente, vale a dire tutto ciò che orbita attorno a qualcosa, sono per l’appunto situazioni di equilibrio.

Come se la nostra barca scendesse appena un poco nel vortice e cominciasse a girare attorno in eterno, senza avere la forza di accelerare e liberarsi dall’aggancio, ma senza neppure rallentare e farsi trascinare verso il centro.

In quel caso la barca avrebbe trovato la sua situazione di equilibrio e comincerebbe ad orbitare attorno al vortice.

Del resto se pensiamo alla pallina della roulette quando viene lanciata, vediamo che essa cade verso i numeri solo quando rallenta e il rallentamento è causato da una forza esterna (l’attrito) che agisce poco per volta facendo diminuire la velocità della pallina e rompendo la sua situazione di equilibrio.

La conferenza stampa di oggi aveva lo scopo di annunciare che quelle onde sono state misurate (viste) con strumenti di laboratorio.

Dunque quella che fino a ieri era considerata una teoria, oggi ha avuto la sua prova strumentale e quindi la teoria è diventata realtà.

Come è stato possibile tutto ciò e cosa hanno visto gli scienziati?

Brevemente le cose sono andate in questo modo:

è stata osservata la fusione di due buchi neri, uno di massa 39 volte superiore a quella del Sole e l’altro con massa 26 volte superiore.

Ciascuno di questi due buchi neri, che semplificando potremmo immaginare come stelle spente, secondo la teoria di Einstein presentava una deformazione delle onde gravitazionali sottostanti.

Qui è necessario aprire una parentesi e dire che l’osservazione dello spazio avviene secondo il metodo delle variabilità; vale a dire che non si fa un’osservazione classica nel vero senso della parola, ma sostanzialmente si effettua una serie infinita di fotografie ad intervalli regolari e poi si va a vedere se ci sono variazioni tra una foto e l’altra.

Chiudendo la parentesi e tornando ai nostri buchi neri, è chiaro che fino a che i due corpi non subiscono un qualsiasi cambiamento, le fotografie rimangono le stesse e non ci sono variazioni che si possano intercettare.

Siamo perciò in presenza di una situazione di equlibrio che anno dopo anno presenta lo stesso grado di deformazione delle onde gravitazionali.

La fusione dei due buchi neri ha però rotto quell’equilibrio e gli strumenti hanno così potuto registrare un cambiamento, forse inaspettato, che può essere anche questo spiegato ricorrendo all’analogia dei vortici d’acqua.

Se lungo il corso di un fiume ci fossero due vortici d’acqua indipendenti e distanti l’uno dall’altro, noi potremmo notare due deformazioni dell’acqua verso il basso e nulla più.

Se i due vortici si muovessero lentamente e noi facessimo delle fotografie per monitorare il fiume, noi vedremmo sempre le due deformazioni allo stesso modo (parliamo del tipo di deformazione e non della posizione).

Se per caso sotto la spinta delle correnti i due vortici si incontrassero e poi si fondessero in un vortice unico più grande, ecco che anche la deformazione dell’acqua subirebbe cambiamenti importanti generando una nuova e differente situazione che certamente verrebbe rilevata come variazione nelle fotografie successive.

Ecco dunque spiegato l’avvenimento.



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