Più di sessanta opere del parigino Musée d’Orsay sono arrivate in Italia, creando un suggestivo percorso dall’arte del Salon al post-impressionismo
Inaugurata il 22 febbraio a Roma, nel complesso del Vittoriano, la mostra ‘Musée d’Orsay. Capolavori‘, racconta l’evolversi della pittura dal 1848 al 1914, esponendo oltre sessanta opere della famosa galleria d’arte parigina. La parte introduttiva della mostra si sofferma proprio sul Museé d’Orsay, che in realtà era una stazione ferroviaria, che venne inaugurata nel 1900, in occasione dell’esposizione universale. Prima che la stazione diventasse museo vi sono state varie fasi intermedie: nel 1939 le grandi linee vennero spostate alla Gare d’Austerlitz, nel 1945 lo stabile fu usato come sede di transito dei prigionieri di guerra, negli anni Cinquanta il servizio venne dismesso e nel 1961 si pensò di sostituire l’edificio con un parallelepipedo di cristallo. Tuttavia, siccome molti cittadini illustri si batterono contro quest’ultima risoluzione, l’ex-stazione divenne monumento nazionale, ospitando nel 1973 una compagnia teatrale e nel 1974 una casa d’aste. Solo nel 1978, sotto la presidenza di Giscard d’Estaing, fu decisa la trasformazione in museo, che venne aperto al pubblico il 1 dicembre 1986. L’archittetto italiano Gae Aulenti si occupò degli spazi interni, e gli ambienti vennero illuminati dalla luce proveniente dalla volta in vetro e metallo. La navata centrale, sulla quale erano posti i binari, è il percorso principale del museo, dal quale si diramano vari passaggi.
L’itinerario della mostra vera e propria (che proseguirà fino all’8 giugno) si articola in cinque sezioni:
La prima sezione illustra le opere dei salon parigini (1860-1870) che sono rappresentate da artisti come Jean-Jacques Henner, Alexandre Cabanel e William-Adolphe Bouguereau. Il salon era essenzialmente un’esposizione artistica, a cadenza prima biennale e poi annuale, che prendeva il suo nome dal Salon Carré (salone quadrato) del Louvre dove, dal 1699, si teneva una mostra dell’accademia reale di pittura e scultura. Anche se a questa iniziativa era aperta ad artisti provenienti da tutta Europa, la giuria che sceglieva le opere da esporre (composta dai professori della scuola delle belle arti) era molto severa, e si basava su canoni assolutamente tradizionali. Di conseguenza, nacquero vere e proprie reazioni di protesta, come quella di Gustave Courbert, che nel 1885 allestì un suo padiglione, dove le opere cosiddette ‘realistiche‘ si contrapponevano ai canoni ‘ufficiali‘. Lo stesso Napoleone III permise, nel 1863, di organizzare il Salon des Refusés, in onore delle tremila opere che quell’anno erano state escluse. Nel 1884 fu anche creato il Salon des Indépendants, dove gli artisti potevano esporre liberamente i loro quadri, finché nel 1903 il Salon d’Automne al Grand Palais aprirà i battenti alle opere anche più sperimentali, come quelle dei fauvisti e dei cubisti.
Opere della prima sezione: Jean-Jacques Henner (‘Casta Susanna‘), Alexandre Cabanel (‘Thamar‘),William-Adolphe Bouguereau (‘Gioventù e amore‘), Jules-Elie Delaunay (‘Diana‘) Gustave Courbert (‘Donna nuda con cane‘).
Guigou La Lavandaia
La seconda sezione si concentra sui cambiamenti apportati alla pittura di paesaggio dalla scuola di Barbizon. Fra il 1830 ed il 1870 un gruppo di pittori si riunì nella località francese di Barbizon, nei pressi della foresta di Fontainbleau. Fu proprio qui che Monet (assieme al suo amico Bazille) realizzò i suoi primi capolavori. Questi artisti, fortemente introspettivi, coglievano con attenzione ogni minimo dettaglio atmosferico e luministico. Alfred Sisley (che venne, come Monet, annoverato fra gli impressionisti), prese a modello John Constable (un pittore che ispirò fortemente la scuola di Barbizon) mettendo al centro della sua attenzione elementi che prima facevano solo da sfondo, come il cielo, il susseguirsi delle stagioni, il fogliame, le sponde dei fiumi. Jean-Francois Millet dipinse immagini bucoliche e campestri accanto a personaggi di umile estrazione, che rappresentavano la tranquilla semplicità della vita rurale. Anche , nel quadro ‘La Lavandaia‘ (1860), rappresenta il diretto contatto con la terra, e questo non solo perché la figura della donna, voltata di schiena, lavora al suolo, ma anche perché i colori utilizzati sono spenti, opachi, grigiastri, creando sulla tela un effetto granuloso e sabbioso.
Opere della seconda sezione: Jean-Baptiste Camille Corot (‘La danza delle ninfe‘), Jean François Millet (‘Pastorella con il suo gregge‘), Constant Troyon (‘Guardacaccia vicino ai cani‘), Jean-Frédéric Bazille (‘Foresta di Fontainbleau‘), Claude Monet (‘Cortile di fattoria in Normandia‘, ‘Argenteuil‘, ‘Barche. Regata ad Argenteuil‘) ), Paul Guigou (‘La lavandaia‘), Camille Pissarro (‘Allée de la Tour de Jongleur‘, ‘La strada d’ Ennery‘), Alfred Sisley (‘Tempo di neve‘, ‘Il pendio del coeur‘), Paul Cezanne (‘Cortile di fattoria‘), Camille Pissarro (‘Giovane contadina‘), Georges-Pierre Seraut (‘Giovane‘), José Julio de Sousa Pinto (‘La raccolta delle patate‘), Jules-Alexis Muenier (‘Lezione di catechismo‘).
La terza sezione é dedicata alla modernità ritratta dagli impressionisti. L’impressionismo è un movimento pittorico che nasce a Parigi intorno al 1960 e che dura una ventina di anni, influenzando tutta la pittura successiva. La tecnica impressionista si basa sulla rappresentazione della realtà sensibile, riproducendo la percezione ottica con grande fedeltà. Le tematiche non sono ben definite, anche se spiccano soggetti legati all’ambiente urbano, al fine di illustrarne soltanto i lati positivi e piacevoli. Anche i quadri paesaggistici si distinguono poiché sono tutt’altro che statici, ma portano in sé l’ impronta di una civiltà in evoluzione. Gli impressionisti, seppur non abbiano alcuna implicazione politica, esaltano quegli aspetti dell’industrializzazione che venivano generalmente considerati come anti-estetici e malsani. La congestionata Parigi del XIX secolo viene ritratta con le sue strade, i viali, le piazze, i tipici caffé, le attività lungo la Senna, i teatri con le sue ballerine (famosissime quelle di Edgar Degas), le stazioni ferroviarie e persino gli ospedali.
Ciò che affascina gli impressionisti é il senso della velocità, poiché la loro stessa filosofia si basa sul principio che della mutevole realtà va colto l’attimo, quella frazione di secondo che fa parte di un flusso in continuo divenire, dove l’emozione che precede non è mai uguale a quella che segue. Gli impressionisti, proprio per cogliere l’immediato e vario susseguirsi di luci e colori (che per loro contavano più delle forme e dello spazio) dipingevano ‘en plein air‘, vale a dire non nel loro atelier, ma direttamente sul posto, a contatto diretto con ciò che li ispirava. Anche a Barbizon avveniva questo, però solo nella fase iniziale del dipinto. Gli impressionisti cercano di mantenere nel quadro quell’effetto di luce riflessa che si sperimenta con l’osservazione diretta della realtà, e per perseguire le loro finalità pittoriche usavano solo colori puri, escludevano il nero e coloravano anche le ombre. Le opere impressioniste, per diversi anni, non vennero esposte nei musei nazionali, cosicché venne indetta una protesta (alla quale prese parte anche il poeta simbolista Stéphane Mallarmé) grazie alla quale la leggiadra opera ‘Ragazze al pianoforte‘ di Pierre-Auguste Renoir, dipinta nel 1892, venne ammessa al Museo di Luxenbourg. Di questa tela, che è ambientata in un borghese soggiorno cittadino, esistono diverse versioni (fra cui una che è custodita al Metropolitan Museum di New York).
Ballerine che salgono una scala (Degas)
Opere della terza sezione: Johan Barthold Jongkind (‘La Senna e Notre-Dame‘), Camille Pissarro (‘Senna e Louvre‘, ‘Porto di Rouen‘, ‘Angolo di giardino all’Hermitage‘), Giuseppe de Nittis (‘Piazza delle Piramidi‘), Claude Monet (‘Rue Mont Orgueil‘, ‘Gli scaricatori di carbone‘), Edgar Degas (‘L’orchestra dell’opera‘, ‘Ballerine che salgono una scala‘) Eva Gonzalès (‘Un palco al Théatre des Italiens‘), Edouard Manet (‘Berthe Morisot‘), James Tissot (‘Sognatrice‘), Henri Geoffroy (‘Giorno di visita in ospedale‘), Pierre-Auguste Renoir (‘Ragazze al pianoforte‘).
La quarta sezione si concentra sulla pittura simbolista della seconda metà dell’Ottocento, che si diffuse in vari paesi (come dimostrano le opere di Gustav Klimt e Dante Gabriel Rossetti). Nel 1886 il letterato Jean Moréas pubblica il manifesto della poesia simbolista, che viene esteso anche alla pittura, della quale un importante esponente fu Odilon Redon. Per i simbolisti l’arte ha in sé elementi ideali e spirituali, e non solo sensibili. Di conseguenza, sconfina in ambiti complessi, come il sogno (che si esprime anche in visioni mitologiche e bibliche), annullando il confine fra realtà ed immaginazione. Dal 1886 al 1894 un gruppo di artisti simbolisti si riunì a Pont-Aven, zona ancora incontaminata della Bretagna, intorno alla figura di Paul Gauguin (il quale, tuttavia, non partecipò mai ai dibattiti estetici) rifugiandosi nostalgicamente nel passato oppure in creazioni fantastiche. La loro tecnica si chiamava cloissonisme (sintetismo), e stendevano zone piatte di colore, delimitate da contorni scuri, come nelle finestre delle cattedrali gotiche. Fra gli artisti di Pont-Aven troviamo Emile Bernard, che nel suo quadro ‘Donne bretoni con ombrello‘ (1892), che troveremo nella seguente sezione, rappresentata una scena, dai tratti vagamente infantili, in cui la curvatura degli ombrelli, degli abiti, delle cuffiette si armonizza con la rotondità delle colline, della casetta, degli alberi e delle nuvole, creando un legame fra le donne protagoniste del quadro e lo sfondo. La mancanza di effetti prospettici e la ‘staticità‘ del disegno (che in certi punti sembra quasi carta ‘ritagliata‘) annullano ogni ‘naturalezza realistica‘.
Opere della quarta sezione: Armand Seguin (‘Gabrielle Vien‘), Edouard Vuillard (‘A letto‘, ‘Felix Vallotton‘), Maurice Denis (‘La bambina‘, ‘Maternità alla finestra‘) Vilhelm Hammershoi (‘Riposo‘), Odilon Redon (‘Paul Gauguin‘, ‘Pianta verde in un’urna‘).
La quinta sezione si concentra sull’ eredità lasciata dall‘impressionismo. Nel 1885 si sviluppa in Francia il pointillisme (puntinismo), una tecnica pittorica in base alla quale i colori vengono scomposti in piccoli punti, e quindi non mescolati, bensì accostati. La paziente abilità dei puntinisti (dei quali Paul Signac è uno dei maggiori rappresentanti) è notevole, poiché con questa commistione fra romanticismo e precisione scientifica dipingono anche opere di notevoli dimensioni. Al periodo post-impressionista appartengono anche i Nabis (che in ebraico significa profeti), attivi nell’ultimo decennio del XIX secolo, che si pongono sul filone del simbolismo, nel senso più avanguardista del termine.
Gauguin
Esponente principale dei Nabis é Paul Sérusier, che venne influenzato anche da Paul Gauguin. Nell’opera di quest’ultimo, ‘Il pasto‘ (1891), ispirato da un soggiorno ad Haiti, la tecnica della natura morta é assolutamente anti-convenzionale. La frutta e il recipente in legno sono sproporzionati nelle dimensioni, e poi tratti occidentali (come la ciotola di maiolica, o l’usanza di consumare i pasti a tavola) sono accostati a componenti esotici, come lo stesso elemento umano, rappresentato dai tre ragazzini che siedono a tavola (nonché da una sagoma femminile in lontananza) e che sembrano assolutamente distratti e disinteressati all’idea del convivio. In questa sezione troviamo, oltre allo splendido quadro di Monet ‘Giardino dell’artista a Giverny‘ (1900), anche ‘L’ Italiana‘ di Vincent van Gogh (1887), che raffigura Agostina Segatori, la modella di cui il pittore si innamorò, nonché proprietaria del caffé ‘Tambourin‘ a Boulevard de Clichy, dove il pittore espose anche delle tele, poi recuperate di nascosto alla fine della relazione.
Opere della quinta sezione: Claude Monet (‘Vétheuil-tramonto‘, ‘Giardino dell’artista a Giverny‘) Paul Signac (‘Les Andelys‘), Theo van Rysselberghe (‘Barche a vela ed estuario‘), Henri-Edmond Cross (‘Le isole d’oro‘), Georges-Pierre Seurat (‘Il circo‘), Emile Bernard (‘Donne bretoni con ombrello‘), Paul Sérusier (‘Lo steccato‘, ‘Campo di grano dorato‘), Vincent van Gogh (‘L’Italiana‘), ‘Paul Gauguin (‘Il pasto‘), Pierre Bonnard (‘Il palco‘), Edouard Vuillard (‘Il covone‘, ‘Il viale‘, ‘Piazza Berlioz‘, ‘Giochi d’acqua‘), Maurice Denis (‘La signora del giardino chiuso‘), Aristide Maillol (‘Ragazza con drappo‘).
Sede della mostra: Complesso del Vittoriano, Via San Pietro in Carcere (Via dei Fori Imperiali, Piazza Venezia)
Orari: Lun-giov > ore 9,30 – 19,30
Venerdi e sabato > ore 9,30 – 23,30
Domenica > 9,30- 20,30 (la biglietteria chiude un’ora prima)
Acquisto biglietti:
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Prenotazione obbligatoria per gruppi e scuole (tel: 06-6780363)
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