E' successo in una mattina di sole, l'antivigilia dell'anno del giubileo straordinario della misericordia. Avevo ancora il sapore del latte e lo zenzero dei biscotti. Riflettevo sulle opere della misericordia. Guidavo e lasciavo che suonassero così come venivano, corporali e spirituali. Accogliere... assistere. Consigliare... perdonare... sopportare.
Poi la macchina che ho davanti accosta e suona il clacson. Vedo il finestrino abbassarsi e una donna che mi cerca con gli occhi. E non so come sia, mi spavento. Accelero. Vedo il finestrino rialzarsi, la macchina resta ferma. Accelero ancora e vado a prendere i caffè e i giornali, vado nel "mio" bar.
E' un bar di provincia, nato nella golena di un torrente della Piana. Da sempre è gestito dalla stessa famiglia: l'anziano proprietario e sua moglie e i figli ormai adulti. E' un bar di provincia, dicevo. Arrotolo il giornale e prendo sempre la stessa quantità di zucchero dall'ampolla al centro del bancone. Finisco sempre il caffè in due o tre sorsi e resto un po' lì. Talvolta l'acciaio è deterso da un velo di aceto. Talvolta la signora affetta arance e limoni e li fa scivolare in una brocca di succo d'ananas e spumante, come aperitivo.
Ma non la domenica, non oggi. La ragazza strofinava il pavimento e il signore contava l'incasso. Un giovane aspettava che tutti finissero. Aveva un bambino in braccio, che era l'ultimo arrivato. Come sempre mi salutano, mi danno il giornale e il caffè e mi augurano buona domenica prima di chiudere e andare a pranzo tutti insieme.
Rientrando mi accompagna una leggerezza, un contagio luminoso. Dove sarà quella donna della macchina? Guido sperando di vederla dopo una curva ma non c'è più nessuno.