Se lo chiede il buon Stephen King nel libro “On writing”, e risponde di no. Per quel che vale la mia opinione (poco o nulla), concordo.
Lo scrittore statunitense parla delle revisioni, e delle persone alle quali far leggere la propria opera per avere un’opinione serena e obiettiva. Persino io, ebbene sì, ho una persona che legge i miei scritti.
La mia idea è che un autore dovrebbe far leggere le sue cose da una donna, e un’autrice da un uomo; ma mi pare che su queste pagine lo abbia già scritto e ribadito.
Lo so, non è detto che una persona del proprio sesso sia davvero un male, anzi. Però qui non si tratta di andare a caccia di un paio d’occhi diversi, bensì di trovare un modo di osservare che tenga in conto tutti gli elementi che non appartengono alla categoria umana della quale siamo parte.
In una storia ci possono anche essere delle azioni, o delle reazioni di fronte alla quale una donna (se chi scrive è un uomo) si piega in due dalle risate; e la scena NON è comica. Questo sì che è un signor problema.
King fa leggere le sue storie alla moglie. E a quanto sembra non gli fa sconti. La difficoltà è riuscire a scovare una persona che abbia alcune qualità precise. Per esempio:
- Tempo. Bisogna averlo, perché non è un favore, o una faccenda da affrontare di fretta e di furia; bensì un impegno, meglio ancora un lavoro. La persona che scrive si aspetta (o dovrebbe aspettarsi) non una lettura, bensì una disamina di quello che ha scritto. Lo so, non è affatto semplice, ma se capita di trovare una persona del genere sarebbe bene cercare di tenersela stretta. C’è chi va in brodo di giuggiole per le azioni che salgono in Borsa, ma io ritengo che avere al proprio fianco una persona attenta alla propria scrittura sia come vincere il primo premio alla lotteria.
- Intelligenza. Con questo mi riferisco a una qualità che nessun titolo di studio è in grado di regalare. Lo scrivo perché molti la associano a quanti hanno studiato molto. Tra le persone più stupide che mi sia mai capitato di incontrare in vita mia, posso garantire che quelle che meritano il primo posto sono proprio quelle con pomposi titoli di studio. Credevano di essere intelligenti perché avevano studiato. Diffida sempre di costoro; a volte ti sorprenderanno, non lo escludo affatto; ma è raro. Forse per costoro i libri non sono affatto una leva per cambiare se stessi, ma un castello dove chiudersi e da lì giudicare.Per me la persona intelligente non è affatto detto che sia competente (quindi può essere del tutto priva di titoli universitari, accademici e via discorrendo) però possiede la capacità di vedere sia i dettagli che il disegno complessivo. Un autore dovrebbe scrivere così, mantenere l’equilibrio, indicare infine la mina vagante del mistero; ma spesso non ci riesce affatto. Avere perciò una persona con una tale qualità è un colpo di fortuna inaudito.
E devo riconoscere che in questo ambito (l’intelligenza autentica), la donna ha una marcia in più. Se non è vittima del proprio egocentrismo che la rinchiude nel castello di cui sopra, una donna davvero intelligente vale due uomini ugualmente intelligenti. Come diavolo ci riescano io non lo so. Per tutti i tizzoni dell’inferno (come diceva Kit Carson).
- Autorevolezza. Sembra una roba secondaria, ma non lo è affatto. L’autorevolezza è la capacità di argomentare posizioni e dubbi, ma non solo. Non si tratta di dire quello che non va. Ma il perché, e magari indicare le possibili soluzioni o vie d’uscita. Anche da questo si capisce che una persona del genere non è affatto una delle tante.
Come? Un autore che si fa consigliare non è poi così bravo? Al contrario, chi scrive è sempre alla ricerca di conferme. Lo era anche Dostoevskij, e in misura diversa anche Charles Dickens. L’ho già detto che la scrittura è un cammino, giusto? Perché stupirsi allora?