Mentre in Europa e nel mondo si assiste ad un avvento in ordine sparso di un primordiale cinema dell’orrore, dalle tematiche ancora palesemente legate alle origini letterarie del gotico e del fantastico, in un luogo geograficamente e cinematograficamente ben preciso, la Germania, il cinema fantastico assurge in tempi rapidissimi a un’identità espressiva, tematica e stilistica ben precisa, arrivando in tempi record a risultati di straordinario impatto artistico.
Gran parte del cinema muto tedesco, più qualche rara pellicola dei primi tempi del sonoro, è stato l’inesauribile fonte di ispirazione tematico-stilistica cui una vastissima parte dei migliori film della successiva storia dell’horror (e dei vari sottogeneri ad esso riconducibili) devono il proprio concepimento da parte dei rispettivi autori.
Recentemente molti commentatori dell’horror, forse anche disorientati dall continua fioritura di mode socio-estetiche di origine cinematografica, affrontano la trattazione di questo inafferrabile genere senza tener conto che, se oggi l’horror è dappertutto, c’è stato un tempo, gli anni Venti, in cui tutti gli ingredienti bollivano minacciosamente in un unico calderone di acciaio tedesco.
Ecco allora la spiegazione della potenza del Male e della velleitarietà di un fragile Bene, dell’elevazione di un Destino bizzarro e malvagio quasi a guisa di Divinità, le cui azioni sono imperscrutabili quanto crudeli, delle storie dettate da unasfiducia assoluta nel lieto fine (quando non imposto dalla produzione), di un’angoscia diffusa anche nei più lievi gesti del quotidiano, ma anche della trasposizione degli oggetti anche più usuali al rango di protagonisti delle vicende e, infine, dell’immanenza della malasorte sulle misere vite umane.
Del resto, è proprio in quegli anni che nasce il teorema secondo cui il cinema dell’orrore rappresenta per immagini le paure e le angosce tipiche del corrispondente momento storico e sociale. Un teorema tanto vero che in quegli anni disperati la Paura (della disoccupazione, della miseria, del disgregamento degli affetti, della sovversione del Male contro il Bene) raggiunse dimensioni così assolute da favorire la nascita di uno tra i più ampi e importanti movimenti artistici del Novecento: l’Espressionismo tedesco.
Nato ufficialmente intorno al 1905, ma sviluppatosi soprattutto durante e dopo la Prima guerra mondiale, l’Espressionismo tedesco si sviluppò rapidamente come un movimento dalle molteplici espressioni, affermandosi dapprima nelle arti figurative ma
Il primo film dell’orrore tedesco, “Der Student Von Prag” (“Lo studente di Praga”), diretto nel 1913 dal danese Stellan Rye e interpretato da Paul Wegener e Lyda Salmonova, mostra già la contaminazione espressionistica in molti momenti della vicenda in cui, mescolando abilmente “L’uomo di sabbia” di Hoffman con il “William Wilson” di Poe, Rye rivisita cupamente il mito faustiano dell’anima al Diavolo.
Nel film, Baldwin, un povero studente praghese, si vende al Diavolo, impersonato dal misterioso e suadente giocoliere Scapinelli, per conquistare l’aristocratica e meravigliosa ragazza di cui è innamorato. Scapinelli mantiene la parola, ma Baldwin, subito dopo il successo ottenuto, vede la propria vita gradualmente rovinata dalla propria immagine speculare, un autentico alter ego, che lo perseguita apparendogli continuamente finché lo studente non lo uccide, commettendo un inconsapevole suicidio e consegnando così la propria anima nelle mani del Diavolo. Un film storicamente importante, non solo per segnare l’inizio dell’horror tedesco, ma anche per constatare, attraverso la scenografia della Praga medievale, l’inizio del cinema espressionista che si può dire coincida, almeno fino all’avvento del sonoro (1927) con il più esteso concetto di cinema horror, influenzandone poi il decorso storico e artistico.
Ma il manifesto del cinema espressionista tedesco prende forma e sostanza nel 1919, con “Das Kabinett des Dr. Caligari” (“Il Gabinetto del Dottor Caligari”), opera la cui conoscenza è imprescindibile per la buona comprensione della nascita e del successivo sviluppo del cinema horror.
Reduci amareggiati dal primo conflitto mondiale, sia Mayer che Janowitz avevano originariamente concepito il film come una satira – denuncia dell’autoritarismo prussiano che trasformava gli uomini in altrettanti automi, spingendoli passivamente all’olocausto bellico, ma il finale semi – onirico appena descritto – aggiunto dal regista e dal produttore Erich Pommer – attenua il messaggio ribellistico dei due autori, lasciando comunque al film il carisma di un autentico capolavoro. Tra i molti aspetti non ancora ricordati per i quali “Caligari” è passato alla storia del cinema meritano una citazione speciale la scenografia e i costumi, ordinati appositamente da Pommer agli espressionisti del gruppo “Der Sturm”, al secolo i pittori Rohrig e Reimann, e all’architetto Hermann Warm, che all’epoca parlava dei film come di «disegni viventi», dei quali “Caligari”, con i suoi fondali interamente dipinti su tela, è a buon diritto il miglior prototipo mai creato nonostante la ristrettezza del budget a disposizione.
Al di là delle letture storico – sociologiche succedutesi nel corso del tempo a proposito del contenuto profetico di questo film, va rilevata anche l’eccezionale interpretazione dei due attori, Werner Kraudd (1884 – 1959) con il cilindro e gli occhialoni di Caligari, e Conrad Veidt (1892 – 1943), scheletrico precursore degli esistenzialisti con la sua maglietta nera, il quale emigrò con fortuna a Hollywood partecipando, nel ruolo del perfido maggiore tedesco Strasser, ad almeno un altro film immortale, quel “Casablanca” diretto nel 1942 da Michael Curtiz.
Realizzato senza il consenso degli eredi Stoker, Nosferatu (“non morto” in rumeno) fece ricorso ad altri nomi per raccontare la storia del conte Orlock (Max Schreck) che riceve nel proprio castello sui Carpazi l’impiegato Hutter (Gustav von Wagenheim), ivi giunto per vendergli una casa in Germania. L’arrivo via mare di Orlock in una città anseatica provoca un’epidemia di peste, provocata dai topi che fuggono dal battello fantasma su cui ha viaggiato il Conte. In città, Hellen (Greta Schröder), moglie di Hutter, apprende che solo il sacrificio di una donna pura di cuore riuscirà a vincere il vampiro e una sera, allontanatasi dal marito, si decide a ricevere Nosferatu che però, innamoratosi della donna, si decomporrà al sorgere dell’alba.
Superiore, secondo molti, addirittura al romanzo originale, “Nosferatu” è certamente espressionista per il soggetto, meno però per l’ambientazione, realizzata in esterni desolati e cupi oltre ogni dire ma con scarso aiuto di quegli scenografi che fecero grande Caligari.
Con la truccatura spaventosamente eccessiva, il cranio calvo e aguzzo, le orecchie appuntite e i canini al centro della bocca, al posto degli incisivi (un trucco sotto il quale molti vollero vedere addirittura lo stesso Murnau invece dell’attore teatrale Max Schreck), “Nosferatu” conquistò il pubblico dell’epoca come una vera e propria sinfonia dell’orrore, ottenendo un enorme successo anche in Francia, dove entusiasmò i surrealisti, mentre, giudicato persino caricaturale in Inghilterra e negli Stati Uniti, contribuì notevolmente alla successiva serie dei “Dracula” made in Hollywood, dove peraltro, di lì a breve, si sarebbe trasferito anche Friedrich Murnau.
Written by Alberto Rossignoli
Fonte
A. Sarno, “ Il cinema dell’orrore”, Tascabili Economici Newton, Roma 1996