Contaminazioni di terre che a loro volta contaminano (e si contaminano) uomini e donne, passati e futuri, figli legittimamente prossimi di un sentire che attraversa le strade difficili e pietrose di un suolo che è simbolo di passioni celate volontariamente in un’attesa che conosce la forza della fine.
Quella linea sottile (quella ferita, forse) che accomuna riviere liguri di un ponente solitario e pregno di domande che conoscono già tutte le risposte, anche quelle più acide e terribili, nell’attesa di una definizione francesizzante di coste azzurre, di Nizza, di Marsiglia, di doloro e sofferenze condivise in un silenzio che urla la sua presenza attraverso la fatica dello stare in quei luoghi che sono passaggio di uomini e sentimenti, nell’attesa di un traguardo che non può esistere perché quello stesso confine senza perdono è lo stesso confine che attraversa, come una ferita irrimarginabile di ricordi passati e tuttavia presenti, l’essenza di ogni uomo e di ogni donna.
Spesso sono stato involontario testimone di questi luoghi, di questa Liguria assisa in domande che non vogliono avere risposte, perché quelle stesse risposte sono nascoste in quella idea di Francia confinaria che quelle risposte ha già dato e dà tuttora e sempre in una contemporaneità immobile di luci e di notti piene di voci silenziose, simbolo atavico senza soluzione di continuità che da solo vale la vita di un essere umano.
Un libro.
Le parole la notte, di Francesco Biamonti (Einaudi).