Lo spettacolo è giocato sul tessuto di ipocrisia dei personaggi, esplicitato scenicamente nell'ambientazione che ricorda il circo e che si rifà alla pirandelliana sovrapposizione vita-palcoscenico; e drammaturgicamente nelle scene corali in cui tutti i personaggi sfoggiano di fronte al pubblico sorrisi e armonie che sono soltanto la facciata che nasconde le torbide relazioni tra i personaggi. Fratello e sorella, genitori e figli, marito e moglie, zio e nipote: relazioni che costituiscono il terreno fertile in cui ciascuno coltiva le proprie perversioni. Che, come sostiene Bagnoli, dovrebbero essere "uno dei mezzi creativi essenziali che l'Uomo utilizza allo scopo di indagare circa il suo 'essere' e il suo 'fare'". E che invece diventano strumento di sopraffazione, ma anche di auto-punizione: vittime e al tempo stesso carnefici, predatori ma anche prede. Tutti alla ricerca della propria identità da affermare sull'altro per avere un ruolo in questa società: i rapporti altro non sono se non un gioco di ruoli (il padre-padrone, lo zio viscido, la donna-madre dalla sessualità frustrata, il fratello che deve essere più forte della sorella). "Mancanza di identità, mancanza di esistenza", viene ripetuto nello spettacolo.
La compagnia, dal debutto di questa trilogia nel 2008, ha intrapreso un percorso stilistico basato sull'assenza di naturalezza dell'espressione, sull'abbandono dello psicologismo su cui si basa gran parte del teatro occidentale. Scelta efficace: il distacco, anziché il coinvolgimento emotivo, può attivare la coscienza critica nello spettatore, ed è l'unico scopo a cui deve tendere il teatro che affronta queste tematiche. Con un occhio alla crudeltà di Artaud e uno al teatro epico di Brecht. Non possiamo non accennare al recente Canicani di Stefano De Luca: con modalità e stili differenti entrambi i registi sono andati nella direzione della non naturalezza della comunicazione. Evidentemente c'è un bisogno forte di scuotere il senso critico dello spettatore di fronte alla quotidianità contemporanea, la famiglia, in cui i figli sono sempre vittime di genitori frustrati, troppo occupati ad affermare se stessi o troppo impegnati a imporsi con l'autorità dei dittatori. Negli ultimi anni è cambiato il significato del delitto in famiglia: non siamo più di fronte alla Gente tranquilla che cantavano i Subsonica dieci anni fa in riferimento alle stragi compiute in famiglia. Il dramma non è più solo il sangue della strage, ma è una violenza quotidiana, che si consuma tra le pareti domestiche senza rendersi visibile all'esterno e per questo ancora più infido e senza via d'uscita.
Lo spettacolo ha una propria identità stilistica, sicuramente da maturare e perfezionare, ma basata su elementi che rendono la rappresentazione di immediata comunicatività al pubblico: gli oggetti (e anche i costumi) diventano simboli nel gioco del teatro (il tavolo diventa podio per il padre-dittatore, specchio, tavola, letto, scivolo; la sciarpa è usata come benda e come fune che incatena); la musica accompagna le scene completandone il significato; i movimenti scenici rimandano con chiarezza ai significati.
Le Scimmie Nude si mantengono estranee da provocazioni troppo facili, scontate e banali. Nessun prevedibile accenno all'attualità nella rappresentazione delle attenzioni morbose dello zio nei confronti della nipotina, nessuna gratuità nella rappresentazione delle perversioni. Per fortuna siamo di fronte a un gruppo che ha una reale urgenza di ricerca nell'intimo dell'Uomo, e che conduce questa ricerca con rigore e senza sconti, mettendo in scena tanto materiale che richiede un lavoro di ulteriore approfondimento (mai come in questo caso la compiutezza del risultato sarebbe sterile) per spogliarsi in maniera decisa dai residui di psicologismo che indeboliscono la drammaturgia, e per entrare in maniera ancora più decisa nella carne viva dei temi che indagano. Per essere ancora più crudeli.
visto al Teatro della Contraddizione il 24.II.2011
in scena al Teatro della Contraddizione fino a domenica 6 marzo. PERVERSIONI uno spettacolo di Gaddo Bagnolicon Claudia Franceschetti, Igor Loddo, Andrea Magnelli, Marco Olivieri, Laura Rinaldimusiche di Sebastiano Bon e Francesco Canavesecon la collaborazione di Ian Magilton e del Roy Hart Theatre