Le “pestifere” suocere reali

Creato il 09 agosto 2010 da Marinam

I figli mammoni e le suocere pestifere sono un patrimonio dell’umanità. Diffusissime in tutte le classi sociali e in  ogni epoca, alcune hanno lasciato negli annali della storia dei  ricordi  che in confronto il match Elisabetta II-lady Diana è stato una passeggiata. Eccone qui un paio, altamente rappresentative della categoria.

Questo post è la rielaborazione di un vecchio articolo (diviso in  due parti) scritto più di un anno fa, finalmente ho completato la seconda parte e ho pensato di riproporvelo per intero, si è vero è una replica, ma come è noto l’estate è la stagione dei “visti e rivisti”.

Prima della scoperta della penicillina e dell’introduzione del servizio sanitario nazionale, la temuta categoria “suocera” era, in tutti i ceti sociali, decisamente poco diffusa. Ad ammazzare le donne in giovane età ci pensavano le numerose gravidanze, malattie non meglio identificate, epidemie, il veleno (considerata come una pratica di divorzio ante litteram) e qualche volta anche il boia. E non era questione di posizione e di denaro, anzi tutto il contrario. Le donne delle famiglie reali, spose appena entrate nella pubertà, madri per dovere dinastico, sfinite da parti a ripetizione arrivano a 25-30 anni massimo. Quelle che sopravvivono a questi tour de force della procreazione però sono toste, anzi tostissime. Specie se a soccombere è il marito e la mamma reale si può così trasformare in tutrice e reggente a nome del pargolo non ancora in grado di amministrare un regno. Bianca di Castiglia (1188-1252), vedova di Luigi VIII re di Francia e madre amatissima di Luigi IX (1214-1270), è un esempio emblematico del genere. Certo, bisogna rendere onore al merito, è l’energia di Bianca a conservare nelle mani del futuro santo (re dall’età di dodici anni) il trono di una Francia medievale sconvolta da tensioni, difficoltà economiche e guerre. Ma la regina madre, donna forte, autoritaria e coraggiosa, questo figlio, che vuole perfetto, non solo lo protegge, ma lo domina anche. Il legame fra i due è intimo e profondo e a farne le spese è soprattutto la dolce Margherita di Provenza (1221-1295), moglie dal 1234 del nono Luigi. Da subito i rapporti fra le due donne sono – tesi fino al parossismo – quelli tipici fra una suocera, in origine madre possessiva, ed una nuora che vorrebbe un ruolo e voce in capitolo nella vita del marito. I contemporanei, in mancanza di stampa scandalistica particolarmente appassionata del genere, osservano e riferiscono con dovizia di particolari. Qualcuno è anche un po’ scandalizzato, ma i racconti sono quasi tutti tragicomici. Per esempio Bianca non sopporta che il figlio, molto ascetico negli anni della maturità, ma in gioventù assai focoso, specie fuori dai periodi di castità e digiuno imposti dalla sua fede ardente, si intrattenga durante il giorno con la bella e giovane moglie. Così la coppia è costretta ad incontrarsi sulle scale che collegano le loro due camere da letto e la servitù, istruita a dovere, batte dei colpi sul muro quando la regina madre si avvicina alla stanza dell’uno o dell’altro. Insomma, anche uno dei sovrani più importanti e potenti d’Europa è succube della sua mamma. Ma c’è dell’altro e qui si sfiora la cattiveria pura: dopo un parto difficile Margherita giace a letto in pericolo di vita, la terribile Bianca arriva per allontanare il figlio, al quale dice, riferiscono le cronache dell’epoca, “venite via, non avete nulla da fare qui”. Ovviamente lui acconsente per tornare però precipitosamente sui suoi passi quando la moglie sviene e sembre ormai prossima alla fine. Solo la morte di Bianca, nel 1252, libera Margherita dall’incubo, ma la regina già da qualche anno è in Terrasanta al seguito del marito che sta tentando di liberare dal dominio saraceno i luoghi sacri della cristianità. Anche una crociata è preferibile alla convivenza con una suocera terribile.

 Le suocere reali sono state, per molti secoli, una eccezione, per non dire una rarità, ma nel corso dell’Ottocento, grazie ai passi avanti della medicina, il temuto genere si diffonde in tutte le corti europee. La regina Vittoria (1819-1901) è suocera di quattro nuore e cinque generi e uno di questi (Enrico di Battemberg) dopo oltre dieci anni di coabitazione forzata fra i castelli di Windsor, Balmoral ed Osborne, preferisce tagliare la corda. Meglio domare la rivolta degli Ashanti che frequentare quotidianamente la regale suocera, così il principe parte per l’Africa dove però muore di febbri malariche.

In Russia la zarina Maria Feodorovna non cede di un passo di fronte alla nuora Alessandra Feodorovna giovane moglie del figlio Nicola II. Le ruba la scena a corte, non molla i magnifici gioielli e nel complesso rende a tutti e due la vita abbastanza impossibile. Però un aspetto positivo c’è, Maria trascorre la metà del suo tempo nella nativa Danimarca o in Inghilterra presso la sorella Alexandra principessa del Galles (successivamente regina accanto al marito Edoardo VII) liberando così figlio e nuora della sua ingombrante presenza.

Fra i numerosi esempi però uno soprattutto è rimasto nella memoria popolare anche perché rinfrescato da una serie di celebri film i quali, pur rispettando la verità storica solo a palmi, da questo punto di vista hanno raccontato né più, né meno la realtà dei fatti. Insomma, se l’imperatrice Elisabetta d’Austria, la mitica Sissi, già nevrotica, instabile e insoddisfatta di suo, con gli anni scivola verso l’isteria c’entra di sicuro l’eredità familiare, ma anche la suocera ha avuto una buona dose oggettive responsabilità. Una suocera che (come nel caso di Bianca di Castiglia) è una donna alla quale il figlio, sovrano a soli 18 anni, deve molto se non tutto. Sofia di Baviera (qui a sinistra in un ritratto giovanile) è molto giovane e romantica quando viene fidanzata d’ufficio all’arciduca Francesco Carlo, il fratello “spiritualmente e fisicamente deficiente” dell’imperatore l’Austria a sua volta gravemente malato. La principessa, bella e leggiadra, non aveva certo sognato un marito di quel genere, però è anche dotata di un forte senso del dovere e di molto carattere, quindi asciugate le lacrime decide di affrontare coraggiosamente il proprio destino, prende in mano la situazione, diventa una donna energica e si abitua a cavarsela da sola. E nel 1848, quando l’ennesima rivoluzione spinge il sovrano in carica ad abdicare Sofia convince, senza fatica, il suo non brillantissimo sposo a lasciare il posto e la corona al giovanissimo figlio Francesco Giuseppe. Lei non sarà mai imperatrice, ma riesce a mettere sul trono quella che, in tutti i sensi è la sua creatura, cioè un giovanotto educato alla perfezione, consapevole dei propri doveri, gran lavoratore e persona integra. Insomma un sovrano perfettamente aderente alla linea politica voluta dalla stessa Sofia: sovranità per grazia di Dio, autocrazia del monarca, repressione di ogni volontà popolare e rifiuto del parlamentarismo. Presente in ogni istante della vita del figlio, che la ama profondamente e le è estremamente devoto Sofia, ovviamente vuol dire la sua anche quando si tratta di scegliere una sposa,  la quale deve essere prima di tutto idonea al ruolo ed al rango.
La storia, sempre grazie ai film, è nota, l’arciduchessa individua la candidata perfetta, Elena figlia di sua sorella Ludovica e di un principe di un ramo collaterale della casa reale di Baviera, i Wittelsbach, organizza l’incontro. I suoi piani però vanno in fumo, perché il giovane Imperatore si innamora perdutamente di Sissi, la bellissima sorellina minore della sposa prescelta. Elisabetta è troppo giovane, educata in modo sommario (come tutte le ragazze dell’epoca, ma in più le duchesse “in” Baviera non erano dei partiti interessanti), poco incline al rispetto delle regole, poco riflessiva, “leggera”, insomma, secondo Sofia, il peggio del peggio. Ha poca importanza il fatto che l’Imperatore sia follemente innamorato, la politica dinastica conta più dei sentimenti; nella rigida e antiquata corte di Vienna, un matrimonio d’amore è visto come una questione da borghesucci.
Ma non c’è niente da fare, i due si sposano con grande sfarzo e il penoso ménage à trois ha inizio. Sofia, che considera la nuora/nipote immatura e sciocca, è ben decisa a prendere in mano la situazione e lo fa a partire dalla mattina dopo la prima notte di nozze, quando piomba nel salottino dove i due neo sposi stanno facendo colazione. La presenza della suocera-zia, da anni perfettamente inserita negli ingranaggi, nei meccanismi e nel rigido protocollo quasi medievale della corte asburgica, impedisce a Sissi di “svecchiare” l’atmosfera e soprattutto di essere se stessa. Ma c’è anche dell’altro, Sofia è l’anima della stessa della monarchia, è la paladina della dignità imperiale ed ha un potere immenso all’interno della famiglia.

Con il tempo la convivenza con quella che molti definiscono “l’imperatrice segreta” diventa impossibile anche perché Sofia pretende di avere un controllo assoluto sulla vita della nuora alla quale implicitamente affida due soli compiti, rappresentare la sposa ideale e partorire un erede. Di tutto il resto si occupa lei, la mamma amatissima e molto temuta del giovane imperatore. Dei nipoti, Sofia e Gisela e poi l’erede al trono Rodolfo (si lui, quello di Mayerling), l’arciduchessa si “impadronisce” non appena vengono al mondo e decide tutto quanto riguarda la loro educazione. L’arciduchessa Sofia, spiega la più nota biografa di Sissi Brigitte Hamann, “si riservava la facoltà di decidere in qualsiasi caso, si trattasse di questioni riguardanti la famiglia o gli affari politici. Inoltre era abituata a farsi obbedire. Il suo consorte dipendeva, in tutto e per tutto, da lei. I quattro figli – Francesco Giuseppe, Ferdinando Massimiliano, Carlo Ludovico e Ludovico Vittorio – vedevano sin dall’infanzia in lei la massima autorità esistente al mondo e non osavano muovere obiezioni”. Non è questo il caso della nuora Imperatrice, con la quale gli scontri diventano sempre più feroci. Di conseguenza il clima alla Hofburg, la residenza viennese dell’Imperatore, si fa ogni giorno più pesante, anche perché Francesco Giuseppe fa fatica a scegliere fra la madre e la moglie. Il braccio di ferro fra le due donne è devastante e piano piano distrugge il rapporto di una coppia che, fra l’altro, non ha nulla in comune. Dopo la nascita dei figli Elisabetta comincia a prendere coscienza del suo ruolo e tenta di ribellarsi alla suocera considerata onnipotente. Facendo leva su una avvenenza che sta sbocciando in quel grande splendore di cui parlano testimoni e ritratti, l’Imperatrice convince il marito ad affidarle in pieno controllo sull’educazione dei figli. Non che i bambini le interessino più del dovuto (si occuperà in effetti solo dell’ultimogenita Maria Valeria, la figlia ungherese), ma questo significa allontanare Sofia, alla quale il figlio non osa parlare di persona. La notizia che i piccoli arciduchi saranno trasferiti in un’altra ala della Hofburg le viene comunicata per lettera. Ma la vittoria è di breve durata, nel 1857 Elisabetta, contro il parere della suocera, porta con sé le due bimbe, che hanno appena due anni ed un anno, in viaggio a Budapest. La maggiore si ammala e muore e Sofia prende di nuovo il sopravvento, ma a questo punto l’Imperatrice comincia a rassegnarsi e isolarsi sempre di più dal marito, dalla corte e dalla vita in Austria e iniziano le sue evasioni. “Sofia – fa notare la Hamann – non riesce ad ‘educare’ la nuora come avrebbe voluto, in compenso però sottrae alla monarchia e alla famiglia imperiale una personalità promettente e piena di talento, costringendo Sissi ad isolarsi”. E quello che è peggio, poiché l’Imperatrice è una donna intelligente ed acuta, a crearsi una vita sua parallela, molto spesso in contrapposizione con quella del marito e della suocera. L’arciduchessa Sofia odia gli ungheresi, bene Elisabetta diventa la loro paladina, studia la lingua difficilissima, si circonda di nobili magiari e le sue dame di corte vengono solo da Budapest, in più sostiene le mire autonomistiche di questa turbolenta regione dell’impero.

Ad ogni modo le idee e le posizioni politiche della moglie interessano poco Francesco Giuseppe che degli affari di stato parla solo con la madre, da sempre sua fidatissima ed ascoltata consigliera. Non importa che Sofia rappresenti il passato e non gli sia di nessun aiuto nella transizione verso il nuovo. L’arciduchessa difende con tutte le sue forze lo stato conservatore, l’idea di sovranità solo per grazia di Dio e il Concordato, ma purtroppo per lei l’Austria dal 1867 ha una Costituzione e il Concordato è stato abrogato. 

Ovviamente Elisabetta per reazione e sfida sviluppa idee contrarie a quelle di mamma e figlio, perde spesso il controllo di se stessa e della situazione, sfida la famiglia e la società, provoca l’ambiente che la circonda e la suocera in primo luogo, ma tutto questo le si ritorce contro. La naturale conseguenza è che l’Imperatore, esasperato dai dissidi continui fra la moglie e la madre, cerca consolazioni altrove e, naturalmente, nessuno a Vienna ha nulla da ridire.  

Ma è davvero tutta colpa della suocera pestifera? In effetti, per quanto sgradevole possa essere l’atteggiamento di intrusione e dominio dell’autoritaria Sofia, l’arciduchessa madre ha gioco facile ad inserirsi in una situazione già all’origine origine abbastanza difficile ed in un rapporto fin da subito ricco di crepe e malintesi. Poiché, leggende a parte, Francesco Giuseppe ed Elisabetta sono una delle coppie peggio assortite della storia reale. Lo chiarisce bene e senza falsi aloni romantici, anche Franz Herre uno dei più autorevoli biografi dell’Imperatore, “Francesco Giuseppe si era fidanzato precipitosamente, senza riflettere troppo sulla sua futura sposa, senza chiedersi se quella quindicenne avrebbe sostenuto come conveniva il ruolo di moglie e di imperatrice”. “Fu una delle due ipoteche della sua vita – prosegue Herre – da una parte il trono ottenuto troppo presto e mantenuto troppo a lungo e dall’altra la sconsiderata unione con una donna troppo giovane, troppo impreparata e, come si sarebbe visto in seguito, refrattaria a maturare come donna e come imperatrice. L’unico vantaggio che l’Imperatore ne ricavò fu la gioia manifestata all’inizio dai suoi sudditi e poi la loro costante compassione”.  Elisabetta è una donna sensibile irretita dalla fantasia, incatenata ad un uomo arido e ossessionato dal lavoro e dal dovere, che non ebbe mai nessuna comprensione per la complicata vita psichica di lei.

Sofia muore il 27 maggio 1872, ma da anni è l’ombra di se stessa. L’avventura messicana del figlio Massimiliano, effimero imperatore fucilato a Queretaro, le toglie la forza di esistere. Per Francesco Giuseppe la morte della madre è un brutto colpo, solo lei gli offriva ancora un simulacro di vita familiare, ma era la sua più fedele consigliera, la maestra, la guida. A Vienna anche chi non simpatizza con le idee politiche di Sofia non può non riconoscere il valore, il senso del dovere del dovere, quest’ultimo del tutto assente in Elisabetta. I liberali sperano che con la scomparsa di Sofia l’Imperatrice prenda campo e si riappropri finalmente del posto che le deve, sostituendo la suocera anche come consigliera politica. Ma Sissi, persa nei suoi sogni, nei suoi studi e nei suoi viaggi, ormai evita la corte. La crisi dell’Impero non le interessa, come non le interessano il marito e i figli.