Fonte: Eutekne.info, articolo di Michela Damasco
Il Consiglio di Stato, con il Parere n. 5285/2012, ha stabilito che le plusvalenze realizzate dalle società calcistiche nell'ambito della cessione dei diritti di prestazione sportiva dei calciatori debbano essere prese in considerazione ai fini della determinazione della base imponibile IRAP.
In base a quest’ultima impostazione – spiega il Consiglio di Stato – la cessione degli atleti ha come oggetto il diritto a ottenere dalla società “cedente” la risoluzione del precedente contratto e ci si trova di fronte alla risoluzione del contratto con successiva stipula di uno nuovo, ragion per cui il corrispettivo versato dalla società che acquisisce le prestazioni sportive non ha come causa la cessione del contratto esistente, ma solo la sua anticipata cessazione
Le cifre pattuite tra le società sportive per l’anticipata cessazione del contratto di lavoro non costituirebbero quindi plusvalenze relative a beni strumentali e non sarebbero soggette all’IRAP, considerando anche che, diversamente da quanto accade nella cessione del contratto disciplinata dall’art. 1406 c.c., il rapporto tra società cessionaria e atleta è spesso diverso, per durata e disciplina economica, rispetto a quello tra lo stesso atleta e la società cedente.
Di conseguenza, si sarebbe in presenza di un nuovo negozio giuridico, diverso da quello che in precedenza legava l’atleta alla società “cedente”.
Il Consiglio di Stato condivide l’altra posizione, secondo cui, con la cessione del contratto, viene ceduto il diritto all’utilizzo esclusivo della prestazione dell’atleta versocorrispettivo, diritto integrante bene immateriale strumentale all’esercizio dell’impresa, sia sul piano tributario, poiché ammortizzabile, sia su quello civilistico, in quanto necessario per il conseguimento dell’oggetto sociale.
Il contratto di prestazione sportiva – si legge nel parere – può essere infatti ricondotto allo schema tipico della cessione del contratto. Oggetto del contratto tra società sportiva e atleta è il diritto alla prestazione sportiva esclusiva; cedendo il contratto, la società sportiva cessionaria acquista, quindi, col consenso dell’atleta ceduto, il diritto oggetto del contratto e succede in tutti gli obblighi e i diritti connessi.
Inoltre, per il Consiglio di Stato, il fatto che il contratto di lavoro degli atleti professionisti costituisca un bene dotato di autonoma utilità economica – essendo suscettibile di negoziazione, perché le prestazioni sportive possono essere sfruttate anche da altre società – non toglie che la società cessionaria, in base agli accordi col professionista, possa continuare il rapporto contrattuale con gli stessi contenuti, regolarlo in modo diverso o, ancora, cedere a sua volta il diritto alla prestazione sportiva prima della scadenza pattuita.
La possibile diversa regolamentazione del rapporto in termini di durata, corrispettivo e altri elementi accessori – prosegue il parere – non è da sola sufficiente a influire sulla qualificazione giuridica della fattispecie e non può precluderne la riconducibilità allo schema della cessione del contratto.
D’altro canto, l’autonomia contrattuale permette di frazionare un’operazione economica sostanzialmente unitaria, quale è il trasferimento da una società ad un’altra del contratto di un atleta, ma il frazionamento dev’essere comunque funzionale al soddisfacimento di interessimeritevoli di tutela. Per il Consiglio di Stato, ciò non si riscontra nel caso in esame, poiché non vi è un interesse meritevole che giustifichi la scomposizione della vicenda traslativa, non potendo certo ritenersi tale quello fiscale, consistente nel risparmio d’imposta.