Visto che siamo in periodo di oracoli cipollari, ripropongo un post scritto qualche mese fa.
E' più forte di me, vorrei non scrivere nulla per non fargli altra pubblicità, ma dopo un servizio visto al tg non posso più tacere. Con chi ce l'ho? Con le cipolle, o meglio, con chi le usa per farci previsioni meteo, anzi, a pensarci bene, non con loro ma con chi le segue crede e si permette pure di dire "...lo avevano previsto!".Ma andiamo con ordine: il fare le previsioni con le cipolle è un'antica usanza contadina che è stata rispolverata, qui nelle Marche, in particolare da due persone, una di Urbania e una di Jesi. C'è da dire che in passato, in mancanza di satelliti, modelli meteorologici e calcolatori, c'era ben poco da fare, se non affidarsi a metodi molto empirici che utilizzavano quel poco che c'era a disposizione. Più o meno funziona così: si prendono delle cipolle, si fanno dodici spicchi (ognuno rappresenta un mese), mettendo in ognuno un pizzico di sale.
Dopo averle lasciate una notte all'addiaccio, si analizza il diverso scioglimento del sale sugli spicchi, da cui si deduce la piovosità di quel mese. Questo linkriporta il metodo con maggiore dettaglio.
Ora, che non vi sia una correlazione tra il sale che si scioglie e la piovosità di un certo mese è, a dir poco, scontato; se non bastasse, viene anche meno una delle caratteristiche che definiscono un metodo come scientifico, cioè la riproducibilità. Affinchè un risultato sia scientificamente valido, deve essere riproducibile, cioè, mettendomi nelle stesse condizioni di chi lo ha fatto, devo ottenere gli stessi risultati. Con le cipolle questo non potrà mai essere possibile, visto che lo scioglimento del sale può dipendere dalle caratteristiche di quello spicchio, come per esempio il suo contenuto di umidità. Quindi, se dovessi ripetere l'esperimento, o farne uno simile in parallelo, sicuramente non otterrò gli stessi risultati.
Comunque, se devo essere sincero, non ce l'ho con i "cipollari": anzi, rispolverando questa antica consuetudine fanno onore alla voglia di conoscere e sapere che ha sempre contraddistinto gli uomini di tutte le epoche; il fatto di non avere grossi mezzi a disposizione non ha fermato la volontà dei contadini di prevedere il tempo, fattore di vitale importanza in un sistema rurale come quello dei secoli scorsi. Me la prendo semmai con i giornalisti, coloro i quali, invece di descrivere la cosa come una simpatica rivisitazione delle antiche tradizioni locali, gli hanno costruito attorno un certo alone scientifico, facendo venire meno, così, anche il ruolo educativo che il giornalismo dovrebbe avere.