Come in ogni film catastrofista che si rispetti c’è sempre un monumento di valore mondiale o un landmark, che viene distrutto.
Dopo Colosseo, Altare della Patria, Torre Eiffel, Ruota di Londra, ponte Golden Gate, e non mi ricordo cos’altro in non mi ricordo quali film, stavolta è toccato alla statua del Cristo Redentore a Rio. Zac, crac, cric, e la statua va in pezzi.
Confessate: è piaciuta anche a voi quella scena. Il Colosseo che esplode, un meteorite che piomba sul vaticano (ce ne vorrebbe più d’uno, a dire il vero), la Torre Eiffel spezzata come un fuscello, la Statua della Libertà sommersa dalle acque con quella sola manina a tenere la fiaccola della speranza che emerge dalla neve (L’alba del giorno dopo) o dalla sabbia (Il pianeta delle scimmie).
Oltre al cliché cinematografico c’è altro. Dicono che ci piacciono le patatine perchè fanno “croc” come le ossa che mangiavamo quando eravamo carnivori.
Io dico che l’Uomo è attratto dalla distruzione. Elvis ha sparato al televisore. I bambini piccoli amano rompere le cose per sentire il rumore del vetro o della porcellana che va in frantumi. E’ qualcosa di atavico, di primordiale, ci piace distruggere.
E non c’entra niente il cosiddetto “comportamento distruttivo” di quel mezzo imbucato della filosofia che è Walter Benjamin. Quello, nonostante Benjamin ce la metta tutta per non farsi capire, è un atteggiamento positivo, volto al futuro e alla modernità, che richiede che il passato sia “distrutto” metafisicamente, cioè, superato.
Allora perchè saremmo attratti dai film di guerra, e alcuni, dalla guerra stessa? Ai soldati in Full Metal Jackets non dispiaceva poi tanto ammazzare i vietcong e se ne tornavano al campo canterellando come i sette nani. Gli avieri della Raf andavano in continente a buttare un paio di bombe e poi se ne tornavano la sera al pub a farsi una birretta.
E perchè io voglio a tutti i costi distruggere un antico vaso cinese?
Dal punto di vista strettamente artistico, la distruzione si spiega abbastanza facilmente con la filosofia del sublime teorizzata alla fine del 1700. Come quando vediamo una violenta mareggiata da un posto vicino ma sicuro. Ne siamo affascinati, abbiamo paura, ci piace provare paura (a proposito: perchè ci piace provare paura?), quasi vorremmo essere trascinati via e cavalcare quelle onde, ma poi essere deposti con dolcezza nel nostro lettino.
Confesso di non capire e non avere una spiegazione per tutto ciò che riguarda il resto: perchè ci piace rompere le cose? Perchè gli oggetti rotti, martoriati, spezzati, hanno su di noi un fascino particolare? Una bambola col collo spezzato e un occhio con la molla di fuori ci dà l’idea della transitorietà della vita, della fragilità del nostro stesso corpo. Quella bambola è un simulacro…vedete quanto è primordiale questo sentimento?
Siamo ancora nell’infanzia della nostra evoluzione.
Una tela tagliata ci affascina, un sacco bruciato e cucito ci spezza il cuore, i bambini impiccati ci lasciano senza fiato, lo squalo in formalina ci nausea.
Deve esserci una risposta facile dietro l’angolo, e vorrei proprio sapere qual è.
Filed under: Conoscenza, agnizione, ricerca, pubblicità, spot, video, cultura consumista Tagged: 2012, angelo della morte, burri, cattelan, comportamento distruttivo, cristo redentore, damien hirst, distruzione, fine del mondo, fontana, john cusack, monumenti distrutti nei film, profezie maya, rio de janeiro, roland emmerich, Walter Benjamin