Le randici di Bangkok, fra Ficus Strangolatori e Tetrameles Nudiflora
Bangkok come Ta Prohm, quando la natura si ribella al cemento!
No, non vi sto per raccontare la storia di Bangkok, di come venne fondata, di come nel 1782 Re Phutthayotfa Chulalok (Rama I) dichiarò “Krung Thep” nuova capitale. Voglio parlarvi semplicemente delle radici di alberi capaci di inghiottire una città.
Casa degli spiriti e Ficus, binomio quasi inscindibile!
Non ho mai pensato ci potesse essere qualcosa di speciale in un vecchio edificio abbandonato. Eppure qualche tempo fa, mentre ero in taxi, uno qualsiasi, diretto non so più neppure dove, percorrendo una di quelle vie insignificanti di questa caotica città, all'improvviso qualcosa sulla mia destra ha attirato la mia attenzione. Un solo istante, pochi secondi di sosta mentre un venditore ambulante attraversava la strada davanti a noi.
Non ho realizzato subito cosa avesse catturato il mio sguardo. Non so neppure perché quella strada percorsa tante volte ora avesse una precisa collocazione nell'intreccio di vie prive di un piano urbanistico che si snodano per Bangkok.
Quella stessa notte mi sono come per magia ritrovato a Siem Reap, più precisamente a passeggiare fra le rovine di 2 dei templi che più mi piacciono del complesso di Angkor Wat, Ta Pohm e Banteay Kdei.
Le radici di Ta Prohm
Mi sono svegliato di soprassalto. All'improvviso le radici dei “Ficus Strangolatori” e dei “Tetrameles Nudiflora” avevano iniziato a muoversi e ad inghiottire tutto. Ma non ero più in Cambogia, ero a Bangkok. Non c'erano templi attorno a me, ma vecchie palazzine diroccate dove bambini con i vestiti strappati giocavano a nascondino all'ombra di imponenti alberi.
Difficile da credere, lo so, ma quella sera non avevo bevuto. Non ero ubriaco e non avevo neppure mangiato pesante.
Lo stesso sogno per una settimana, sempre più nitido. Ogni volta la stessa sequenza e la via di fuga in un taxi “giallo e verde”. Ogni notte un particolare in più e poi il nome di una via:Charoen Krung, la via dei giogliellieri!
Ma a quale altezza di questa lunga via avrei rivisto quelle radici? E’ proprio vero, mi basta un nulla per mettermi a camminare! Una scusa qualsiasi, scarpe comode e una bottiglietta d'acqua sono tutto ciò di cui ho bisogno per uscire di casa e mettermi a camminare. E’ il modo migliore, o forse l'unico che conosco, con cui entrare in confidenza con un posto, conoscerlo e sentirlo meno ostile.
E già, Bangkok non è proprio una città accogliente, non è un posto dove ti senti subito a tuo agio ed è più facile che all'inizio lasci disorientati piuttosto che rassicurati.
20 minuti dopo eccomi giunto a destinazione:
Una vecchia palazzina di 2 piani, abbandonata oramai da anni e probabilmente destinata ad essere abbattuta presto per far spazio a un nuovo grattacielo o a un nuovo centro commerciale. 4 mura senza più un tetto, con i frammenti dei vetri delle vetrine di quelli che un tempo erano negozi ancora sparsi in terra. Graffiti spruzzati senza un senso logico, tralicci di cavi che arrivano da chissà dove e se ne vanno senza lasciare traccia di sé. E poi loro, le radici a proteggere o forse distruggere quello che resta di queste mura.
Chissà che un giorno qualcuno arrivando a Bangkok non trasformi questa casa in un monumento, un Monumento alla Natura che si ribella all'uomo e allo stesso tempo ne preserva le opere. Guardate attentamente, quelle radici oramai si sono sostituite alle colonne portanti dell'edificio, lo hanno avvolto e non demordono nonostante qualcuno abbia tagliato i rami nel disperato tentativo di stroncarne la crescita. Qui come a Ta Prohm i Ficus si stanno impadronendo di quello che l'uomo non considera più degno di essere curato. Qui come a Ta Prohm quelle radici danno un fascino unico a qualcosa che altrimenti passerebbe forse inosservato.
Quel sogno non si è più ripresentato. Quei bambini hanno continuato a giocare all'ombra dello stesso palazzo, senza però far rumore, senza disturbare le mie notti insonni e soprattutto senza avere paura.
Gridano tutti per le sorti del mondo. Il mio problema cruciale è un altro: non dormo.
Gesualdo Bufalino