Le recensioni di Pia: LE CINQUE COLOMBE di Jenny Gecchelin

Creato il 14 gennaio 2013 da Ciessedizioni

A cura di Pia Barletta

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Le cinque colombe di Jenny Gecchelin

Ho concluso l’anno con una bella lettura: “Le cinque colombe” di Jenny Gecchelin, senz’altro un ulteriore fiore all’occhiello della Ciesse Edizioni.

Mi sono persa nella storia fin dalla prima pagina, catapultata in un’atmosfera surreale a seguire le vicende di cinque sorelle che, per necessità virtù, devono provvedere al proprio mantenimento e a quello di uno zio invalido. Belle, di una bellezza quasi eterea che contribuisce ad alimentare l’alone di mistero che aleggia sulla loro discendenza, le ragazze suscitano curiosità e invidia, tanto più che, poco inclini alla vita sociale, conducono una vita riservata. Nel paese si mormora che la loro nonna fosse una stria, una strega, così come la madre, svanita all’improvviso nel nulla. La guerra ha lasciato una scia di sangue e di dolore e non c’è tempo per i giochi ma solo per la fatica, e Geltrude, la maggiore, carica sulle sue spalle il peso della responsabilità ma è destinata ad assistere a una serie di tragedie che sconvolgono l’esistenza di tutta la famiglia.

Con un abile intreccio di momenti di vita, l’autrice tratteggia le personalità delle cinque sorelle alle prese con una realtà ostile e con pregiudizi talmente forti da soffocare perfino la pietà. È una storia di superstizioni, di dicerie, di antiche maledizioni che non aspettano altro che essere risvegliate.

Jenny Gecchelin

Marianna è la prima a soccombere, vittima della brutalità maschile prima e del falso perbenismo dopo, ma lascia qualcosa di sé, un intollerabile memento della loro provenienza. Sarà questa la causa scatenante di una scissione familiare: Geltrude e Ines contro Carolina e Maria. Mentre le prime due tentano disperatamente di tenere insieme quello che resta della loro esistenza, le altre si trincerano dietro una stolida e accecante fede arrogandosi diritto di vita e di morte. Anguane, strie… questa la sentenza di Carolina e Maria che diventano esecutori materiali della pena. Una storia bellissima nella sua drammaticità, in bilico tra mitologia e realtà, tra odio e amore, ignoranza e pregiudizi, in un momento storico in cui la donna è considerata alla stregua di una fattrice e le figlie femmine inutili bocche da sfamare. E forse proprio per questo l’essere superstiziosi diventa l’unico modo per sfuggire alla drammaticità della fame e della prevaricazione perché la superstizione è figlia dell’ignoranza. Tuttavia quello che lacera più di un bisturi affilato a volte è l’indifferenza, e a rendersene conto per prime saranno proprio Maria e Carolina, costrette in un legame fatto di menzogne. Ma è il legame di Gertrude e Ines quello più forte, basato sull’amore e capace di andare oltre la morte.

La Gecchelin ha saputo rendere perfettamente l’idea della mentalità dell’epoca in un piccolo paese e la disperazione dei “diversi”, ma diversi da chi, da coloro che hanno la mente obnubilata dalla religione? Qual è il diverso, chi si distingue per sensibilità a dispetto dalle convenzioni o chi del perbenismo è schiavo?


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