Le relazioni pericolose: Georges Simenon e Josephine Hart

Creato il 30 maggio 2014 da Dragoval

Il titolo di questo post può forse trarre in inganno: non sono Simenon e la Hart ad avere avuto una liaison dangereuse , anche se sono certa che l'impunitissimo scrittore belga non avrebbe certo disdegnato ;-).

Entrambi, però, si occupano di questo tema in due notissimi romanzi.

Nello splendido I complici, Simenon racconta la tragedia di Joseph Lambert, che, in macchina con la segretaria, con una mano impegnata nei palpeggiamenti non riesce a controllare la sua Citroen e provoca lo sbandamento e il conseguente, devastante schianto di un autobus con 48 bambini di ritorno da una colonia estiva contro il muro di recinzione dello Château Roisin (nella provincia belga, non troppo lontano da Parigi):

Al momento dell'impatto, entrambi rimangono impassibili. Non una parola, non un fiato, non un'emozione tradita. Lambert continua a guidare, senza perdere una stilla della propria lucidità, sforzandosi soltanto di rimanere calmo e di prevedere in anticipo tutte le possibilità, le future ricostruzioni degli eventi che potrebbero portare a lui.

E così, in silenzio, i due si separano all'insegna della più rigorosa formalità ( "Buonasera, signor Lambert"." Buonasera, signorina Pampin"), come se nulla fosse accaduto; poi, Lambert torna alla sua solita vita, al bridge al caffè, al suo lavoro in azienda assieme al fratello Marcel (che palesemente lo disprezza per la sua scontrosa goffaggine), alla freddezza asettica della sua casa, della sua vita matrimoniale, con la moglie Nicole così algida e perbene (ha anche la condiscendenza di perdonare i suoi tradimenti).

Il giorno dopo, naturalmente, il dramma appare in tutta la sua immensità. La comunità non parla d'altro. Joseph si sente mancare l'aria, è certo che lo prenderanno, è tentato di costituirsi e farla finita subito: tanto, cosa avrebbe da perdere? Le serate terribili passate accanto alla moglie, le riunioni di famiglia di circostanza, la maschera soffocante della normalità?

Edmonde rappresenta la sua via di fuga da tutto questo. Joseph è un tipo ribelle, sanguigno;. Edmonde, con la sua assenza di pudore, la sua femminilità selvaggia e inafferrabile, ha la chiave di un luogo segreto, di un'altra dimensione dove entrambi, insieme, sono vivi e liberi. Quando il cerchio attorno a lui inizia a stringersi, Lambert deve sapere: deve sapere se è vero, se anche Edmonde condivide la sua protesta, la sua lotta silenziosa contro le convenzioni, se è consapevole di sé, di ciò che è. di ciò che rappresenta per lui.

Non otterrà risposta. Nel loro ultimo incontro, disperato e folle, in cui faticano a trovare un posto in cui appartarsi (dappertutto c'è gente che può vederli, che può scoprire tutto), Edmonde non si concede, spiegandosi con una lacrima- finalmente!- ed un laconico " Non posso ". Lambert non ha più motivi di resistere. Il tribunale della sua coscienza lo assolverà completamente quanto inutilmente.

Anche Il danno è certamente imperniato sulla spirale strangolante di una relazione pericolosa.

Roger Hughes è il classico uomo dalla vita perfetta. La vita è rotolata liscia come un sasso, per lui: carriera brillante, moglie devota, una fulgida carriera politica tra i conservatori.

Una vita perfetta, se solo fosse morto a cinquant'anni.

Se solo fosse morto prima di incontrare Anna Barton.

Anna Barton è la fidanzata di suo figlio, Martyn. E' alta, ha i capelli corti e neri, non sorride. A sua moglie Ingrid Anna istintivamente non piace. La mette a disagio,e non solo perché ha otto anni più di Martyn (i fatti dimostreranno che il suo sesto senso femminile non sbagliava.)

Ma Roger in Anna si riconosce:

Una strana calma m'invase. Mandai un sospiro, profondo, come se a un tratto avessi cambiato pelle. Mi sentivo vecchio e soddisfatto. L'impressione di aver incontrato qualcuno che conoscevo mi era passata attraverso il corpo come una scossa elettrica. Per un attimo, un attimo solo, avevo incontrato uno come me, un altro della mia specie. Ci eravamo riconosciuti. [...]
Mi ero sentito a casa mia. Per un attimo, ma più a lungo della maggior parte della gente. Era sufficiente, sufficiente per la mia vita.[...] Ero come un viaggiatore sperduto in un paese straniero che ode a un tratto non soltanto la sua lingua natia, ma il dialetto che parlava da bambino. Non si chiede se la voce è quella di un nemico o di un amico, si precipita solo verso il suono che gli ricorda la sua casa. La mia anima si era gettata su Anna Barton. E io credevo che in una questione così privata tra me stesso e Dio mi sarebbe stato possibile lasciarla correre avanti, senza timore di danni al cuore o alla mente, al
corpo o alla mia vita.
E' in questo sostanziale malinteso che inciampano molte esistenze.

La relazione tra i due ha ineluttabilmente inizio. La passione brucia e divampa in Roger sempre più forte, in cui per non far crollare il castello di carte delle menzogne ( per non parlare del tormento di vedere Anna con Martyn) sviluppa un'abilità funambolica, che sempre più lo spinge sull'orlo dell'abisso. E che nell'abisso precipiterà, letteralmente, suo figlio.

Anna, al contrario, è immune da qualsiasi conflitto lacerante. Ha scelto Martyn perché rappresenta per lei la sua normalità, la strada per lasciarsi alle spalle un passato torbido e terribile (una storia d'amore -incestuoso- e morte), il danno a cui è sopravvissuta e che ora lascia abbattersi su altre vittime senza una lacrima di rimorso.

Anna proviene della stessa dimensione a cui appartiene Edmonde. Entrambe sono pure incarnazioni di una femminilità tanto libera e potente quanto distaccata, animale (più volte, nel romanzo di Simenon, Edmonde viene definita " una bella bestia"), che nulla ha in comune con la fragilità e i sentimenti delle donne normali.

Una femminilità, per meglio dire ( e per citare James Hillman), inumana.

Una forza ancestrale che trascende i sentimenti, che non può essere controllata, che trova in sé stessa il mezzo e il fine, che è puro istinto, eterno femminino.

La rovina di Joseph Lambert e di Roger Hughes è nella convinzione di poter controllare questa forza. E' questa l'ossessione, il Moloch in nome del quale si possono tollerare come effetti collaterali la strage degli innocenti o il il sacrificio di Isacco .

E in entrambi i casi a spezzare- in diversi modi- l'esistenza dei due uomini non sarà il rimorso per le tragedie di cui si sono resi colpevoli, quanto il rimpianto inconsolabile di Adamo per essere stato cacciato dal Paradiso.


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