Le ricerche archeologiche a Roca Vecchia

Creato il 22 febbraio 2012 da Upilmagazine @UpilMagazine

Il sito di Roca, più volte distrutto e rioccupato nel corso dei secoli, è ubicato in posizione altamente strategica, a controllo di un settore litorale che ha rappresentato un terminale quasi obbligato per molte delle antiche rotte di attraversamento del basso Adriatico.
L’umanista salentino Antonio De Ferraris, meglio conosciuto come il Galateo, fu il primo a segnalare nel De situ Iapygiae (1558) l’esistenza della cittadella medievale di nome Rocca, fondata da Gualtieri VI di Brienne sui resti di un preesistente abitato costiero. Altre brevi notizie al riguardo sono riportate nelle Note japigo-messapiche ( 1877) del giudice Luigi De Simone e nel secondo volume dei Bozzetti di viaggio (1888) di Cosimo De Giorgi. Al sacerdote Guglielmo Paladini si devono, invece, i primi scavi, condotti tra il 1928 e il 1932 e dedicati all’indagine di diversi tratti della cinta muraria di età ellenistica in blocchi squadrati di calcarenite locale (IV-III sec. a. C). Dopo alcuni sporadici sondaggi del Soprintendente alle Antichità Bartoccini, l’esplorazione delle evidenze funerarie e insediative di età messapica riprese in maniera più sistematica grazie all’impegno profuso prima da Mario Bernardini e poi da Giovanna Delli Ponti alla guida del Museo Provinciale di Lecce.
A partire dal 1981 l’Istituto di Scienze dell’Antichità, oggi Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, ha sviluppato, sotto la direzione del Prof. Cosimo Pagliara, un programma multidisciplinare di ricerche archeologiche, ambientali e topografiche nell’area compresa tra Otranto e San Cataldo. Tali studi, realizzati in sinergia con altri enti di ricerca italiani e stranieri, hanno consentito l’individuazione e l’analisi di numerose ed importanti testimonianze di varia epoca. Di assoluto rilievo, ad esempio, è risultata la scoperta dell’imponente patrimonio epigrafico conservato sulle pareti della Grotta Poesia, costituito sia da figurazioni graffite databili al periodo preistorico che da più tarde iscrizioni votive il lingua messapica, latina e greca.
A partire dal 1987 le ricerche si sono concentrate prevalentemente sul promontorio noto come “Area Castello-Carrare”, permettendo di chiarire le diverse fasi di vita del sito, articolate in un lungo arco cronologico che si estende dal II millennio a.C. sino al tardo Medioevo. Tra i principali rinvenimenti, si segnalano le imponenti mura di fortificazione protostoriche, ripetutamente incendiate e ricostruite nel corso dell’età del Bronzo, e le monumentali strutture lignee del Bronzo Finale, cui è attribuibile una probabile funzione pubblica di carattere politico-religioso (“capanna-magazzino”, “capanna-tempio”, e altre). L’intenso coinvolgimento di questo centro nelle dinamiche di scambio culturale e commerciale attive in antico tra Oriente e Occidente mediterraneo è attestato, in particolare, dalla cospicua presenza di vasellame e di oggetti metallici d’ispirazione e di provenienza egeo-micenea nei livelli inquadrabili tra il Bronzo Medio e il Bronzo Finale e di ceramiche d’importazione corinzia nei successivi strati dell’età del Ferro.