Una prova nel complesso discreta per la coppia Giovanni Gualdoni e Marco Bianchini: l’albo ha il pregio di avere il sapore di moderno, con uno stile molto attuale che cavalca l’onda della moda “zombesca” riaffermatasi negli ultimi anni.
Si pesca a piene mani dalla più recente produzione di genere: Io sono leggenda1, The walking dead e The last of us.
Nonostante la scelta azzeccata di un tema così al passo coi tempi, Gualdoni non riesce ad andare oltre la riproposizione di meri cliché di genere.
La narrazione ha un buon ritmo sostenuto: una classica fuga senza fine con picchi di suspense causati dal susseguirsi di ostacoli, che tuttavia risulta troppo semplificata. La storia riesce a risollevarsi solo nell’ottimo finale, volutamente aperto, che pare voler conferire profondità e coerenza a quanto scritto in precedenza, introducendo la tematica della necessità di non rimanere soli e della solidarietà fra gli individui, ma fondandosi su basi troppo instabili e superficiali per risultare credibile.
I personaggi appaiono poco caratterizzati e spesso banali, c’è una volontà di introspezione in limine ma che, nella pratica, risulta poco gradevole nel contesto fortemente standardizzato; è quasi impossibile affezionarsi a loro, tranne alla struggente figura di Angela.
Il vero vanto di questo volume sono invece i meravigliosi disegni di Bianchini: il tratto totalmente a mezzatinta assieme a un forte realismo rendono la grafica accattivante, fresca e gradevole agli occhi.
Le inquadrature cinematografiche sostengono appieno il ritmo narrativo: vasti grandangoli su New York; una sequenza d’impatto a camera fissa con cinque ampie vignette orizzontali che raffigurano uno sfondo identico sotto cui giace la protagonista priva di sensi, e che mostrano gli sconvolgimenti della città nel lasso temporale in cui Helen resta distesa a terra per un intero giorno; inquadrature dal taglio diagonale che danno l’impressione dell’ondeggiamento della camera, comunicando il forte senso di paura, angoscia e spaesamento del momento.
L’ultima vignetta in basso è un esempio dell’effetto ondeggiamento con taglio diagonale dell’inquadratura che suscita agitazione.
La vignetta più potente di tutto l’albo si trova nella tavola 50, e rappresenta un enorme centro commerciale a spire stracolmo di zombie, con un buco al centro e in fondo una ruota panoramica.
La scena appare come un baratro senza fondo, un ampissimo spazio chiuso che sembra gridare e incornicia una malinconica ruota abbandonata; una perfetta sintesi dell’horror vacui e del controsenso di un’impressione di terrore claustrofobico nonostante un luogo così ampio.
Se volessimo trovare due difetti a una prestazione grafica di per sé eccellente, questi risiederebbero nella caratterizzazione degli zombie, a volte poco accattivante, e nella continua riproposizione della protagonista in pose sensuali che mettono in risalto il suo aspetto fisico, che spesso poco si accordano con il mood angosciante degli accadimenti, stonando con essi. Una sensualità sovente gratuita e ostentata a tutti i costi, accettabile in un fumetto senza pretese che mira al mero divertimento superficiale del lettore, ma che poco si accorda invece con l’interessante taglio intimista e profondo del finale, destituendolo di credibilità.
In conclusione: un albo dignitoso, molto spedito e gradevole alla lettura, con un intreccio piuttosto masticato che cerca l’intrattenimento puro e semplice ma prova a risollevarsi nel finale dalle tinte introspettive, in maniera però incoerente con il restante impianto. A esso si accosta d’altro canto un eccellente e quasi perfetto comparto grafico, che risente a tratti dell’ambigua volontà della storia di creare fan service e spessore psicologico insieme.
Abbiamo parlato di:
Le Storie #27 – Il fattore Z
Giovanni Gualdoni, Marco Bianchini
Sergio Bonelli Editore, dicembre 2014
114 pagine, brossurato, bianco e nero – € 3,80