Le strade di polvere, Rosetta Loy

Creato il 27 gennaio 2014 da Serenagobbo @SerenaGobbo

Data la mia oscena memoria, so che fra qualche anno, o addirittura fra qualche mese, la storia narrata in questo romanzo si confonderà con altre storie lette, ad esempio, con quella de “Il dolore perfetto” di Ugo Riccarelli.
Ci sono infatti alcune somiglianze, come la scarsità dei dialoghi, i tempi lunghi delle saghe familiari, lo stile da premio italiano (Viareggio e Supercampiello 1988 per la Loy, Strega 2004 per Riccarelli), che non si allontana dalle banalità quotidiane perché sceglie di indagarne i misteri e le verità.

“Il tempo crudele e magico di tutto ciò che non lascia traccia” cita l’ultima di copertina. E’ un romanzo che ti ricorda di pensare in una prospettiva temporale più ampia di quella che si considera quando si vive coi figli, coi compagni, col lavoro. A me ha instillato malinconia: ci ho visto dentro poca felicità. Davvero la vita è così? E di tutte le passioni che viviamo non resteranno alla fine che due anziani fratelli, soli, in una casa in rovina?

Diciamo che un romanzo incentrato sulla felicità avrebbe avuto poche pagine, troppo poche. Perché non c’è bisogno di leggere la felicità sulla carta: quella bisogna viverla, e basta.
Se c’è qualcosa da condividere coi libri, invece, è il senso di transitorietà che riguarda il vecchio che non ha consumato l’amore della sua vita, e il giovane dimentico che invecchierà anche lui. E che diventerà proprio come quelli che criticava a vent’anni (non c’è niente da fare). Ma questo lo aggiungo io, perché vedo che era valido nell’Ottocento, come oggi.



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