Le "strane" scelte di politica estera di Obama in Medio Oriente

Creato il 28 marzo 2015 da Pfg1971

Nelle ultime settimane, molti osservatori della scena internazionale assistono con un certo sconcerto alle decisioni di politica estera assunte dalla Casa Bianca di Barack Obama.

In questa settimana sono giunte notizie di una serie di attacchi aerei americani contro le milizie Houthi in Yemen.

Questi sarebbero ribelli di religione musulmana sciita che combattono contro l’autorità del presidente Abd-Rabbu Mansour Hadi, alleato del governo dell’Arabia Saudita.

In una recente intervista al giornale La Stampa, il leader degli Houthi, Abdel-Malek Al Houthi, ha sostenuto che la loro ribellione al governo legittimo non è da considerarsi un colpo di Stato, ma sarebbe una rivoluzione, sociale, culturale e politica.

Sono l’emblema del malcontento di una folta schiera della popolazione, portavoce dei deboli e dei poveri e vorrebbero ergersi a “salvatori dello Yemen”, poiché unici bastioni anti-qaedisti e anti Isis sul territorio yemenita.

La loro caratteristica di sciiti ne evidenzia la vicinanza all’Iran e la loro naturale opposizione ai sunniti dell’Isis.

Non a caso, la loro azione contro il governo yemenita incontra il sostegno di Teheran.

Gli Usa, a loro volta, contrastano gli Houthi per sostenere i loro alleati sauditi all’interno della penisola arabica.

Tuttavia, mentre combatte in Yemen per indebolire milizie vicine all’Iran, in Iraq, Washington lancia altri attacchi aerei contro le milizie dell’Isis, l’autoproclamato Califfato islamico di Abu Bakr Al Baghdadi.

I bombardamenti sono aiuti essenziali alle forze che combattono contro i seguaci del califfato, e tra queste vi sono mole unità combattenti appartenenti all’Iran.

Non solo, se da una parte gli Usa sembrano contrastare indirettamente gli iraniani e dall’altra li sostengono, allo stesso tempo, sono impegnati in lunghi negoziati a Ginevra e Losanna, sempre con l’Iran.

Le trattative, condotte dal segretario di Stato John Kerry, vorrebbero giungere, entro la fine di marzo, a concludere un accordo sul programma nucleare iraniano.

Secondo alcuni, la strategia ambivalente e, a tratti, ondivaga dell’amministrazione Obama sarebbe indizio di una sostanziale assenza di un disegno coerente nelle scelte di politica estera.

Una ennesima dimostrazione che Barack Obama non farebbe altro che reagire alle varie crisi internazionali, senza fare nulla per prevenirle.

In realtà non è affatto così. Le modalità differenti con cui la Casa Bianca affronta i diversi focolai di tensione nel Medio Oriente non sono altro che la pura applicazione della realpolitik di kissingeriana memoria.

Obama è un realista che affronta i problemi della realtà internazionale secondo le convenienze e soprattutto la tutela degli interessi americani.

Nelle sue scelte non vi è niente di messianico.

Egli non vuole imporre la democrazia come George W. Bush, liberare il mondo dalla paura come Franklin Roosevelt o cambiarlo radicalmente secondo i dettami americani.

Come ha detto in una recente intervista, non aspira a renderlo perfetto, ma a tentare di migliorarlo, sempre nell’ambito della tutela degli interessi del suo paese. In questa ottica, l’atteggiamento duplice verso l’Iran e l’Isis rappresenta il paradigma perfetto di tale impostazione.