Le streghe di salem
Creato il 25 aprile 2013 da Veripaccheri
Le streghe di Salem
di Rob Zombie
con Sheri Moon Zombie, Dee Wallace, Ken Foree, Meg Foster
Usa, 2013
genere horror
durata 101'
Filmare
la paura ed insieme riuscire a suscitarla è ancora possibile? Chiederselo non è
solo un quesito d’ordine etico ma per un artista diventa la discriminante di
un’estetica chiamata a plasmare una materia naturalmente“inguardabile”. Un imperativo tanto più
urgente quanto attuale se riferito a Rob Zombie, il cantate regista considerato dagli appassionati il nuovo guru dell' horror dopo una manciata di film
che hanno scosso un genere pigramente appiattito su inutili remake. Così se il cinema è soprattutto
una questione di sguardo è proprio su quello che il regista lavora per dare
vita a “Le streghe di Salem", a suo modo ispirato ad uno dei fatti più bui
della storia americana, con le donne accusate di stregoneria decise a
vendicarsi sui discendenti dei persecutori, spianando la strada ad un
Belzebù intenzionato ad assicurarsi una nuova progenie tra i cittadini di
Salem. Zombie approfitta di una trama volutamente semplice, sfruttando al
meglio le zone "morte" di un intreccio scontato, tanto nella progressione
del male quanto nelle sue conseguenze, con la possessione di Heidi Hawthorne a
suggellare la missione delle diavolesse, per organizzare il suo spettacolo
iconografico. Immergendo la visione in una litania di distorsioni musicali che
sembrano la chiave per entrare in contatto con un'altra dimensione e potendo
contare su una colonna sonora "Greatest Hits" – da Bruce Springsteen
eVelvet Underground a classici
come Bach e Mozart ed anche se stesso – Zombie mischia alto e basso, sacro e
profano immortalando la "sua" Madonna, al secolo Sheri Moon, con una serie di tableaux
vivant
che
ragionano sulla natura di un orrore prodotto dal cortocircuito dei
soggetti di
quelle composizioni. In questo modo ed in maniera progressiva le
oscurità
demoniache per nulla misteriose e volutamente grottesche si tramuta in
un presepe
di luce e di colori, popolato da figure che ripropongono una sacralità
profanata dagli scandali del presente (la corruzione delle istituzioni
religiose e le accuse di pedofilia) trasposto nell'ossessione onanista
immortalata dalla scena dei porporati intenti a stimolare la propria
eccitazione, oppure in quella in cui Heidi sconvolta dalle spaventose
apparizioni si rifugia in chiesa in cerca d'aiuto ed è poi costretta ad
una fellatio, reale o presunta, da chi la
dovrebbe salvare. Una rappresentazione citazionista, postmoderna (una delle scene finali con
Heidi a sovrastare una montagna di cadaveri completamente nudi dovrebbe
riproporre la copertina di un disco di Jimmy Hendriks) e molto kitsch che
riconosce i propri limiti di fronte alla crudeltà del mondo attraverso un horror
vacui, in cui
la rinuncia alla seduzione della bellezza - le streghe sono vecchie e vengono
mostrare nude nella decadenza del loro corpo - a favore di un opulenza
sovraccarica di oggetti e di significati è la risposta alla domanda iniziale,
ed insieme la rifondazione di un modo di spaventare che non potendo più far
leva su un’interiorità anestetizzata dall’overdose informativa, preferisce concentrarsi sul visibile, aumentandone
l’evidenza per poi esorcizzarlo con una teatralità, psichedelica e posticcia,
enfaticamente esibita. Ma "Le streghe di Salem" è anche l'omaggio a
Sheri Moon, la sposa di Satana, mostrata con carnale generosità e poi gradualmente
santificata dal sabba sonoro e visuale che Zombie le regala. E' lei il trait
union di
un’operazione che punta molto sull'intelligenza dello spettatore,
dimenticandosi che il metacinema - richiamato dai riferimenti alla purezza del
cinema delle origini riflessa nei poster di "Viaggio nella luna" (1902) George Melies che fanno bella
mostra nell’abitazione di Heidi ed a cui Zombie palesemente s’ispira quando
preferisce girare dal “vivo” riducendo il photoshop degli effetti digitali –
dovrebbe essere il complementoe
non la ragione principale di un film come “Le streghe di Salem”. Ed invece il
lungometraggio di Zombie seppur in odore di cult movie rimane un’opera più teorica che
pratica, importante in una prospettiva di rinnovamento di un genere in cerca
d’autore.
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