“Le supplici” è considerata la più antica tragedia di Eschilo, per la preponderanza del coro e di fatto l’inconsistenza dei personaggi, dal 1952 ha visto sensibilmente abbassarsi la sua datazione dal 492 (quindi precedente a Maratona, 490) al 463, grazie ad un ritrovamento papiraceo che la tramanda rappresentata in gara con Sofocle.
Andiamo all’antefatto: Danao ed Egitto, fratelli, avevano fondato una diarchia, regnando insieme. Danao aveva cinquanta figlie (le Danaidi, appunto); Egitto aveva imposto la legge che costoso sposassero i cugini Egizi, anch’essi in numero di cinquanta. La predizione dell’oracolo era che un nipote avrebbe ucciso Danao; allora questi vieta il matrimonio e le Danaidi, rifiutato il matrimonio, fuggono presso Argo, in Grecia, a chiedere asilo al re Pelasgo.
La tragedia si apre con l’arrivo delle Danaidi, che si raccolgono nel sacro recinto, luogo inviolabile di asilo. Pelasgo è indeciso, ma, come sappiamo, per i Greci sacra era l’ospitalità, quindi egli consulta il popolo e le Supplici vengono accolte. Mentre le fanciulle intonano un canto di riconoscenza, il messo informa dello sbarco degli Egizi, arrivati per rapire le Danaidi. Pelasgo si oppone e guerra è.
La tragedia, che riporta il primo premio alle Grandi Dionisie del 463, vincendo su Sofocle, presenta una struttura molto arcaica, ma contenuti altrettanto cari agli Ateniesi. In primis, il tema dell’ospitalità, di cui questo popolo è maestro. Ricordate Teseo che accoglie Edipo nell’Edipo a Colono? Tra i popoli legati da ospitalità, come tra le famiglie, si creava una sorta di legame di sangue sacro e inviolabile, che non si interrompeva nel tempo, ma si rafforzava anzi di generazione in generazione. Ecco che Eschilo trasferisce su Pelasgo, le caratteristiche del re ateniese Teseo, attribuendo anche alla sua gestione del potere meccanismi dell’Atene democratica: la consultazione del popolo.
In fondo le Danaidi sono straniere e il problema è se dare loro asilo, il che ci richiama all’arrivo dei profughi nella nostra Italia, e al dibattito in merito molto acceso. Pelasgo le avrebbe respinte: il Greco nota i loro “pepli e veli barbari”, la pelle scura, l’aspetto da Indiane nomadi o da Etiopi.
L’interrogatorio è quindi serratissimo, alla fine del quale le accoglie, perché scopre un antico legame di sangue e di conseguente ospitalità. Anche oggi il migrante viene più benevolmente accolto, laddove si ravvisino elementi di comunanza. Ecco perché si dice giustamente che la tragedia greca è l’opera più attuale che ci sia. Il problema che ora scatta è: tradire il legame di ospitalità e, quindi, la legge degli dei o andare incontro a guerra sicura con gli Egizi? Per i Greci ( imparate!) i valori sono prioritari su tutto: quindi le Danaidi vengono accolte e la legge divina rispettata e la guerra a questo punto è inevitabile, ma per giusta causa.
Sono donne, come Elettra, che hanno pose maschili, perseguitate da complessi ancestrali, dal ricordo di Io, violentata da Zeus, donne che come Turandot uccidono il maschio. Infatti dalle tragedie seguenti si apprende che sposarono gli Egizi e che la prima notte di nozze li uccisero, tranne una che si innamorò del marito, cedendo alla legge di Afrodite . E riscende in campo Freud a spiegare le pose virili come protesta contro il maschio che tanto ha conculcato la libertà delle donne: tema anche questo sorprendente attuale.
Written by Giovanna Albi