Le teorie selvagge di Pola Oloixarac

Creato il 18 marzo 2012 da Fabry2010

Pubblicato da lapoesiaelospirito su marzo 18, 2012

di Guido Michelone

Questo romanzo, uscito in Italia nel febbraio scorso, arriva in Argentina nel 2008 quando l’autrice – laureata in filosofia, studiosa dei rapporti arte/tecnologia, curatrice di un blog seguitissimo – ha da poco trentun anni: è un esordio clamoroso, che fa gridare al capolavoro e che, per molti critici di letterature ispaniche, risulta fin da subito un capolavoro tout court, non solo della giovane narrativa latinoamericana, al punto che viene prontamente tradotto in francese, olandese, finlandese, portoghese.
In effetti, letto anche in italiano, nella puntuale raffinata traduzione di Anita Taroni, si conferma un testo stupefacente per la maturità già presente su vari fronti, primo su tutti quello della consapevolezza e della scrittura nel padroneggiare una trama complessa e una prosa fantasmagorica, che a sua volta denota immense conoscenze ed erudizioni quasi maniacali. Il tutto è poi condito da citazioni dottissime, esercizi funambolici, riflessioni metatestuali, in un turbinio espressivo che riprende le migliori radici surreali della tradizione argentina novecentesca (Jorge Luis Borges in primis, non a caso evocato anche in copertina).
Le teorie selvagge è impossibile da riassumere per quanto riguarda i contenuti nello sviluppo tra fabula e intreccio, perché il punto di vista oscilla tra la weltanschauung dell’autrice e la visione dell’alter ego, la studentessa universitaria Kamtchowsky, detta K con esplicito richiamo a Franz Kafka, così come l’amico Pablo detto Pabst evoca il grande regista espressionista). E il libro alterna il cazzeggio intellettuale dei due allievi di filosofia (tra più o meno nuove rivoluzioni della sessualità e i conti con il passato fra nostalgie peroniste e riti generazionali) al sospirato incontro della ragazza con il professor Augusto Garcia Roixler per esporgli inedite teorie appunto selvagge che riprendono studi etno-antropologici di un fantomatico Johan Van Vliet, in mezzo a stralci di trattati, che rendono lo scritto della Oloixarac ancor più immaginifico, fantasioso e autoreferenziale: si tratta alla fine di un’opera molto argentina, non solo perché l’autrice ne fa l’oggetto della propria esistenza, da un lato più o meno consciamente evidenziando il complesso tipico degli éngagés di Buenos Aires di sentirsi i più europei dell’intero continente americano, dall’altro per strumentalizzare l’intrinseco nazionalismo patriottico per guardare avanti, condensando democraticamente i saperi di civiltà eterogenee, che portano alla disillusione su una realtà odierna ardua da penetrare nonostante le armi ben affilate di una cultura cosmopolita. In conclusione Le teorie selvagge è un romanzo postmoderno per eccellenza che sembra quasi attratto da una psichedelia della scrittura come già viene messa in pratica da oltre quarant’anni da Thomas Pynchon, passando anche dal calderone globalizzato di tutte le arti (musica, cinema, fotografia, poesia, fumetto) prodotte dalla fine degli anni Settanta in poi, con la differenza che quando nel 1977 nasce Pola al posto dell’eversione punk europea, in Argentina cresce una tra le più feroci dittature di tutti i tempi.
Guido Michelone

Pola Oloixarac, Le teorie selvagge. Romanzo, Dalai Editore, Milano 2012, pagine 202, euro 16,50.


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