San Sebastiano in un dipinto di Marco Palmezzano, (Museo di Belle Arti, Budapest)
29 Gennaio 2012. Correva l’anno 1575 quando la Sicilia venne colpita da una terribile epidemia di peste che mieteva vittime in maniera indiscriminata; fu allora che il culto di San Sebastiano crebbe tra il popolo, invocato solennemente affinché intervenisse a placare l’evento nefasto. Ancora oggi imperituro rimane il suo culto nell'isola tanto che, in alcune località, viene festeggiato due volte l’anno: è il caso di Melilli, nel Siracusano, dove ogni 20 gennaio e ogni 4 maggio ricorrono i giorni a lui dedicati. Scopriamo il perché di tanta devozione. San Sebastiano, santo martirizzato ai tempi dell’imperatore Diocleziano, era già conosciuto, secondo la storia testimoniata da un documento custodito nella Basilica di Melilli , dal 1414 anno in cui una sua statua venne rinvenuta presso l’isola Magnisi in provincia di Siracusa. All’interno del documento si leggeva anche la testimonianza di un gruppo di marinai salvatisi da un naufragio per sua intercessione; alla notizia del ritrovamento della statua accorsero centinaia di persone che, pur unendo le loro forze, non riuscirono a sollevare e spostare da lì il simulacro del santo. Solamente i cittadini di Melilli, giunti sul luogo il 1° maggio dello stesso anno, riuscirono a spostare la cassa che, entrata in paese, ridivenne pesante, segno che San Sebastiano avesse scelto quello come luogo per risiedere definitivamente; e, come narra la storia, in quel momento avvenne la guarigione improvvisa di un lebbroso. Da allora ogni 4 maggio (la festa è stata spostata a questa data dopo l’introduzione della Festa del Lavoro) alle 4 del mattino il santo viene festeggiato solennemente con l’apertura del santuario ai pellegrini provenienti da ogni parte del mondo; i più devoti giungono invocando una grazia con queste parole: “semu vinuti di tantu luntanu, Primu Diu e Sammastianu! E chiamamulu ca n’ajuta”. Caratteristico, in questi giorni di festa, è l’arrivo dei “nuri” di Melilli e di Solarino ovvero di devoti che in passato arrivavano quasi nudi e con mazzi di fiori, oggi invece indossano vestiti bianchi e una fascia rossa in vita, camminando scalzi per chilometri prima di giungere a destinazione, offrendo torce e ceri votivi e testimoniando le grazie già ricevute. San Sebastiano è particolarmente venerato anche ad Acireale poiché gli Acesi, durante la Seconda Guerra Mondiale, sotto la minaccia di un bombardamento lo invocarono ottenendo la salvezza; da allora è patrono, assieme a Santa Venera, della città. Anche la città di Palazzolo Acreide lo ha scelto come santo patrono e lo venera particolarmente tanto che la festa a lui dedicata ogni anno è stata iscritta nel registro dell’ Eredità Immateriali di Interesse Locale (Reil) secondo i principi stabiliti dall’Unesco. San Sebastiano è considerato patrono degli arcieri e archibugieri, tappezzieri, fabbricanti di aghi e di quanti altri abbiano a che fare con oggetti a punta simili alle frecce, date le sue rappresentazioni iconografiche che lo vedono trafitto da frecce in punto di orte, per ordine dell’imperatore Diocleziano, reo di aver diffuso il cristianesimo tra i funzionari e i militari della legione di stanza a Roma, di cui lui faceva parte come comandante. Fonte:
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