Parte seconda
Ad altezza d'uomo Vienna è una vetrina di cioccolata: appare che sembra di temperatura delle dita, forse burro tinta castagna e glassa in forma di porcellini (sono i portafortuna nazionali e a san silvestro se ne trovano per le strade in tutti materiali: legno vetro plastica stoffa. I più audaci i maiali non più piccoli ma squartati li mangiano direttamente sotto forma di wurstle) pagnotte tessere di crema alla nocciola intarsiata di latte o fave di cacao. Le palle di Mozart con fascette di stagnola tipo Ottocento e dentro cuori marzapane. Fuori il guscio delle vetrine e certe alzate di legno che ai lati dei vetri incorniciano i caffè. Ogni cosa che si mette in bocca, ogni cosa dolce per il mattino ha dentro e appena dietro sul palato levità di spezie, come fosse l'Oriente ma morbido cremoso e impastato da una donna cicciona e bianchissima con gli occhi a spilla e i capelli raccolti da un velo di sudore.
Amo le donne viennesi, scortecciano le gambe con gonne discrete, le gazzelle ma anche le meno magre portano caviglie avvitate sui tacchi, così senza parere bucano le sfoglie di ghiaccio e l'aria brillante congelata dell'inverno. Non mi sembra che si fermino che osservino le cose alle vetrine ammonticchiate per tentazione. Nemmeno guardano in alto, però. E forse si perdono la fuga prospettica in cui Vienna si fa acuminata e imperiale, in cui le case, che non sono case ma sono architetture del potere perdono le proporzioni umane e si sollevano, sollevano i capi coronati dei palazzi delle regge delle finestre improvvisamente gotiche forse ostili, delle sommità preziose fregiate, quasi tutte, credo solo per me dopo la suggestione di alcuni studi dilettanteschi, quase tutte klimtiane. Con queste donne-palazzo, queste gigantesse, queste donnesse di pietra e marmo e stucco, arrivate all'uomo sottoforma di palazzi e boulevard, sottoforma di moli alessandrine. I palazzi del potere col capo d'oro e piedi di zucchero.
le vetrine di vienna 1 puntata