Non si può pensare al maledettismo poetico senza associarlo al vagabondaggio, all'uso di sostanze stupefacenti, all'erranza concettuale e allo spirito di diniego e di mostrificazione dei comportamenti che poeti e artisti vissero con rigore certosino da veri monaci della depravazione e cultori della sulfurea dimenticanza di ogni savoir faire borghese. Questi comportamenti, questo “vivere altro”, questo vivere oltre, non erano solo conseguenti allo spirito di una legge e di un assioma come -epater les bourgeois-,che pure era una cifra necessaria ma era la commistione della poesia con il corpo e le sue pulsioni, senza l'inciampo del Parnaso dei suoi poeti laccati, degni di nota ma alla fine stopposi elementi d'arredo nel salotto della petite dame de la ville.
Rimbaud scrive una lettera a un poeta parnassiano, de Banville credo dimenticato dai più, nella quale enuncia che la sua Saison a l'enfer spedisce tutti quanti loro nel regno delle ombre poetiche, e in un'altra lettera a Paul Demeny, avverte che solo con la sregolatezza di ogni comportamento si diventa veggenti e si accede alla terra ignota, a “quell'inconnu”, a quella terra ignota che è la sola meta per il poeta e oggetto di rivelazione. Il maledettismo è l'ultimo tratto del romanticismo, probabilmente il suo apice insuperabile,la vetta fredda dove dimorano le aquile di un'altra poesia. Dentro a questo -ismo- che la definisce come corrente c'è tutto quello che comunemente si definisce una vita sprecata. Verlaine rompe ogni indugio e ammette che l'artista sia qualcosa che somiglia a un depravato e che non ha paura delle conseguenze. Sprecare la vita diventa un imperativo kantiano, quello che conta non è conservarsi ma raccontarsi senza il ritegno dovuto alle convenzioni. -Tutto va bene nel peggiore dei mondi possibili- così sentenziava Dino Campana senza un briciolo di speranza in corpo inchiodato a vivere nella cosidetta normalità, nonostante una scrittura poetica abissale lo consegnasse fuori dal mondo, mettendo anche lui come altri la sua firma in calce a una pagina storica nella quale molti artisti scrivono col sangue la loro vita. Poesia e vita. E non una vita qualunque ma quella fuori da ogni schema borghese. di Ivano Nanni