Anche ciò che viene considerato come una degenerazione della leadership, cioé il leaderismo, risulta, almeno visto dalla prospettiva di chi ne riceve l’investitura, una legittima aspirazione. In quest’ottica, il leaderismo è la tendenza di un politico ad imporre la propria linea, in forza di un consenso popolare. A ben vedere, la volontà di imporre la propria linea non solo non è una degenerazione, ma anzi è una conditio sine qua non per ogni vero politico. Ciò che crea la degenerazione leaderistica, più che la ferrea volontà di potenza di uno, è l’incapacità del sistema democratico di opporre valide alternative (e conseguenti validi leader) al dominante. Questo sempre che il leader dominante non abbia la possibilità, grazie al possesso di una forza economica e mediatica abnorme (come accaduto in Italia nel ventennio berlusconiano), di inquinare la normale competizione politica.
Altro elemento degenerativo del leaderismo è la forma in cui il popolo concede e manifesta il consenso nei confronti dei suoi leader di riferimento. La degenerazione si ha quando il rappresentato si abbandona al leader in maniera acritica, con attesa messianica; quando ripone in lui le speranze di un riscatto dalle frustrazioni di una vita anonima, ben al di sotto delle proprie, più o meno legittime, aspettative; quando l’interconnessione dialettica tra popolo e potere si dissolve in un superficiale rispecchiamento del primo nella rappresentazione che il secondo allestisce. In definitiva, non è l’ego del leader a causare la degenerazione leaderistica della democrazia, ma l’assenza di una credibile contrapposizione dialettica da parte delle altre forze politiche e l’assenza di qualsivoglia riserva critica nel consenso che viene concesso al leader.