Legalizzazione delle droghe: c’è sostegno alla proposta del Guatemala

Creato il 24 febbraio 2012 da Eldorado

Un ex generale, presidente di un Paese che si dichiara alleato degli Stati Uniti, che ha ricevuto un ampio appoggio da parte di Washington nelle recenti elezioni che l’hanno visto vincitore. Otto Pérez ha il profilo perfetto per piacere alla grande potenza Usa ed invece alla prima uscita spiazza tutti: le droghe vanno legalizzate, ha detto. E non si è trattato di un’esternazione, perché dalle parole è passato subito all’azione, avviando negoziati in forma diretta e personale con i presidenti di Colombia e Messico, e mandando la sua vicepresidente, Roxana Baldetti, ad esporre la proposta ai governi degli altri paesi centroamericani. Immediata la reazione negativa degli Stati Uniti: il tema non è nemmeno da dibattere, le droghe sono un pericolo per la salute e la sicurezza. Punto. Pérez sulle prime ci è rimasto male.

¨Mi sarei aspettato che, anche se a Washington non sono d’accordo con la mia proposta, avessero dimostrato almeno l’intenzione di sedersi a un tavolo e discuterne¨ ha dichiarato alla stampa. Il progetto prevede la preparazione di una piattaforma comune da presentare al Summit delle Americhe previsto per il 14 e 15 aprile a Cartagena, in Colombia.

L’ex generale non ha tutti i torti. Conti alla mano, il narcotraffico e la criminalità organizzata costano tanto, tantissimo al Guatemala in termini sociali ed economici. Pérez si è fatto portavoce del sentimento dell’opinione pubblica guatemalteca che ritiene il narcotraffico un problema importato, di cui è responsabile prima di tutto la società statunitense. Gli Usa apportano al Guatemala un 25% dei costi della lotta al narcotraffico: troppo poco per attutire l’impatto in una società già fortemente condizionata dalla criminalità come quella guatemalteca. La proposta non è nuova, ma fa notizia che venga da un uomo di destra e per giunta a capo di uno degli ambienti più reazionari e conservatori della regione, l’esercito guatemalteco. La Comisión Latinoamericana de Droga y Democracia, un ente formato da politici ed intellettuali, nel 2010 era giunta alle stesse conclusioni: la liberalizzazione delle droghe, con l’intervento diretto dello Stato, è l’unica soluzione possibile. A dirlo –e firmarlo- tra gli altri, tre ex presidenti: Fernando Henrique Cardoso (Brasile); César Gaviria (Colombia) ed Ernesto Zedillo (Messico) ed intellettuali come Mario Vargas Llosa, Paulo Coelho, Tomás Eloy Martínez e Sergio Ramírez (la dichiarazione è su questo link: http://www.drogasedemocracia.org/Arquivos/livro_espanhol_04.pdf).  

La proposta di Pérez è roba vecchia, insomma, ma non per questo deve essere disattesa. Di fatto, sta trovando terreno fertile su cui fiorire, con l’appoggio di Brasile ed El Salvador. Dalla Costa Rica, prima tappa della missione della vicepresidente Baldetti, anche Laura Chinchilla ha fatto sapere di essere a favore della creazione di un tavolo di negoziati per discutere sulla legalizzazione. Più prudente Porfirio Lobo, che dall’Honduras ha tacciato la proposta di poco realizzabile. D’accordo o no, vige però la comune consapevolezza, tra i paesi della regione, delle responsabilità degli Stati Uniti a prediligere un metodo, quello repressivo e della criminalizzazione, che è logoro e che fa gli interessi dei narcotrafficanti e della loro accolita di funzionari corrotti. Al Summit delle Americhe, i paesi latini andranno quindi a contestare questo sistema fallimentare e che ha portato la legalità delle nazioni centroamericane al limite del collasso.


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