Legge di Moore anche per la scienza

Creato il 03 ottobre 2010 da Stukhtra

La scientometria fa previsioni sugli esopianeti

di Marco Cagnotti

Sappiamo che cosa vogliamo scoprire, ma non sappiamo quando lo scopriremo. Ahem… per la verità non sappiamo neppure se lo scopriremo. Ma, ammesso che sia lì, chiediamoci: quando? La risposta ce la offre la scientometria: una disciplina che, sulla base delle scoperte passate, azzarda previsioni sul successo di quelle future. La sua più recente applicazione riguarda i pianeti extrasolari.

La Legge di Moore, formulata nel 1965 da Gordon E. Moore, esprime una constatazione empirica: circa ogni due anni raddoppia il numero di transistor per circuito integrato (e quindi pressappoco la potenza di calcolo dei computer). Non c’è dietro una grande riflessione teorica: è solo un fatto, finora confermato dal trend tecnologico. Ci si aspetta che da qui a un po’ la Legge vada a sbattere contro i vincoli imposti dalla meccanica quantistica e si fermi, ma per ora funziona. E comunque Ray Kurzweil ritiene che la crescita esponenziale non si arresterà, che raggiungeremo una singolarità e che diventeremo tutti immortali. Ma questa è un’altra storia. A noi della Legge di Moore interessa l’approccio: guardare al passato per prevedere il futuro in maniera quantitativa.

Lo stesso approccio è quello scientometrico: studiare quantitativamente le scoperte del passato per prevedere quelle del futuro. Samuel Arbesman, della Harvard Medical School, e Gregory P. Laughlin, dell’Università della California a Santa Cruz, stanno per pubblicare un articolo su “PLoS ONE”, già disponibile su arXiv, nel quale tentano una predizione delle future scoperte di pianeti extrasolari basandosi sulle caratteristiche di quelli scoperti negli ultimi 15 anni. Lo scopo è capire quando verrà annunciato il primo pianeta abitabile, cioè di tipo terrestre e con condizioni tali da mantenere l’acqua allo stato liquido. Arbesman e Laughlin hanno quantificato l’abitabilità con un valore fra 0 (pianeta totalmente ostile) e 1 (pianeta abitabile) basandosi su due parametri: la massa e la temperatura superficiale. Poi hanno costruito un grafico nel quale, per 370 esopianeti scelti fra i circa 500 conosciuti, riportano la data di scoperta e il valore dell’abitabilità. Infine hanno stimato quando, nel grafico, comparirà un pianeta con abitabilità pari a 1. Ovviamente la previsione è solo probabilistica, ma insomma… per concludere si può dire che c’è un 50 per cento di probabilità che una nuova Terra sia scoperta entro il maggio 2011, il 75 per cento entro il 2020 e il 95 per cento entro il 2264.

In realtà la ricerca non è originalissima: i planetologi fanno questo tipo di proiezioni da tempo. La novità del lavoro di Arbesman e Laughlin sta nel quantificare l’incertezza, che purtroppo è ancora piuttosto ampia. Le ragioni sono presto spiegate: nessuno sa bene come evolverà la tecnologia, che metterà a disposizione degli scienziati nuovi metodi e nuovi strumenti, né come cambieranno i finanziamenti alla ricerca. D’altronde, se si potesse davvero prevedere con certezza il futuro solo guardando al passato, la Borsa non sarebbe quella cosa demenziale che è.


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