di Thomas Manfredi
Se fossimo giovani italiani il nostro umore sarebbe terreo, dopo la presentazione da parte del Governo della legge di stabilità 2015, principalmente basata - in campo fiscale - sulla diminuzione delle tasse sulla casa e sugli imbullonati, con il rinvio, molto probabile, del taglio auspicato alle tasse sul lavoro. Taglio subordinato - come per magia - a una presunta clausola per i migranti, che non si vede come possa finanziare in modo serio e duraturo un taglio strutturale delle imposte, di cui i giovani prima di tutti, gioverebbero. Se fossimo in loro, saremmo notevolmente delusi per la mancanza di qualsiasi vera misura specifica per il gruppo più colpito dalla lunga crisi italiana. I giovani del gruppo di età 15-24 - ricordiamolo - fronteggiano ancora oggi un tasso di disoccupazione superiore al 40%, mentre il tasso di occupazione è in crescita principalmente solo per gli over 50.
"Se fossimo nei giovani saremmo notevolmente delusi per la mancanza di qualsiasi vera misura specifica per il gruppo più colpito dalla lunga crisi italiana
Con queste cifre drammatiche, la teoria e le evidenze empiriche economiche sono piuttosto concordi nel predire carriere subottimali, salari stagnanti, difficoltà nello sviluppo di competenze, pensioni certamente molto meno generose di quelle concesse alle generazioni più fortunate. Generazioni talmente favorite dalla sorte che dopo aver contribuito, con la scelta di una classe politica inefficace, a far crollare lo standard di vita nel nostro Paese, perché di questo si dovrebbe parlare quando il prodotto reale pro-capite subisce una flessione cumulata dal 2008 al 2014 nell’ordine del 10%, ora pare non abbiano alcun appunto critico nell’idea governativa di scaricare ulteriormente debito sui loro nipoti pensando che questa strategia, seguita da 50 anni, possa finalmente dare frutti e far ripartire una crescita in pratica assente da più di venti anni.
"Con queste cifre drammatiche, è facile predire carriere subottimali, salari stagnanti, difficoltà nello sviluppo di competenze, pensioni certamente molto poco generose
Cari giovani, fossimo in voi, inizieremmo a pensare che politicamente non esistiate. E non solo perché rappresentate solo il 15% della popolazione in età lavorativa, record quasi mondiale come mostrato dal grafico uno ma perché il vostro peso relativo nelle votazioni è addirittura più basso, potendo votare solo al compimento del diciottesimo anno di età. È la forza dei numeri: se il governo e la maggioranza di turno hanno bisogno di voti, è più facile che li ottengano dai cinquantenni, come l’esperienza degli ultimi decenni è lì a dimostrare in maniera inconfutabile.
Figura 1 - “I giovani scomparsi”
È perciò scontato, dati questi numeri, che la discussione dell’anno prossimo, come nel corrente, verterà ancora su come alleggerire l’età di pensionamento, in attesa di risorse mancati allo scopo, nonostante il tasso di occupazione dei giovani italiani sia tra i più bassi al mondo, il loro reddito relativo sia crollato in venti anni, così come la povertà relativa sia ora per loro più alta di quella dei nonni.
"Cari giovani, fossimo in voi, inizieremmo a pensare che politicamente non esistiate
Cari giovani, fossimo in voi inizieremmo a pensare che le preoccupazioni delle istituzioni pubbliche nei vostri confronti siano carenti sin dal tempo della scuola. I dati confermano che siete più preparati dei vostri nonni, dei vostri genitori, ma non così preparati come potreste essere se la fortuna avesse scelto per voi un Paese più moderno, più efficiente, meno chiacchierone. Sono anni che tutti coloro con un minimo di senno riconoscono l’impotenza delle nostre scuole, sotto-finanziate e inefficienti, come mostrato dai due grafici sottostanti. A ogni riforma, una promessa di una nuova era dorata, senza che poi la volontà principale sia quella di valutare seriamente i frutti dell’azione di riforma intrapresa. Gli effetti annunci sono i soli che sembrano preoccupare classe politica, stampa, addetti ai lavori. La cultura della valutazione attenta delle politiche economiche è continuamente calpestata dall’interesse di breve periodo nel mostrarsi attivo, nel dare l’idea di un movimento nella stasi, in una girandola infinita di annunci e di promesse di un futuro radioso.
Figura 2 - Score medio di giovani e anziani in test di lettura e matematici, 2012
Dato il basso livello d’investimenti in istruzione e la cronica disfunzionalità del nostro mercato del lavoro, non vi è dunque da meravigliarsi, cari giovani, se più del 20% di voi ha una qualifica superiore a quella richiesta dal mercato del lavoro, spesso con salari non dignitosi. Avete studiato, spesso in modo non sufficiente, ma la sfortuna ha anche voluto per voi un mercato del lavoro che, a gran fatica abbina migliori impese e migliori talenti, sprecando capacità, competenze e prodotto potenziale. Né vi è da stracciarsi le vesti se più del 20% di voi né studia né lavora, dato che ci pone fra Paesi non pienamente sviluppati come Messico e Turchia, non certo Germania o Danimarca!
Figura 3 - Le spese in istruzione nei paesi OCSE, 2012
Figura 4 - Il fenomeno Neet
Cari giovani, se nella rosea situazione descritta, che poi altro non è che uno spaccato delle vostre vite scolastiche e lavorative, il governo, con stampa e alcuni economisti al seguito, passasse il suo tempo, così come accade, cercando di convincere voi e i vostri padri che il potere intrinseco dei contanti stimolerà i consumi, noi, non avremmo paura nel dire che ci sentiremmo presi in giro! Sappiamo bene che a Bisanzio le discussioni sul sesso degli angeli avevano una certa bellezza decadentista. Eppure, quando l’altissima disoccupazione è una minaccia per intere nuove generazioni di giovani, come suggerisce la scienza e i dati economici, proposte di leggi come quelle di ieri, totalmente dimentiche delle vostre condizioni, paiono uno scherzo per nulla spiritoso.
"Cari giovani, fossimo in voi inizieremmo a pensare che le preoccupazioni delle istituzioni pubbliche nei vostri confronti siano carenti sin dal tempo della scuola
Fonte: Linkiesta.it