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Legge elettorale maggioritaria, nel 1953 finì così

Creato il 28 gennaio 2014 da Diarioelettorale

La voce enfatica dell’informazione di regime del cinegiornale della INCOM (non c’era ancora la televisione) dà conto dei risultati elettorali delle elezioni politiche del 7 giugno 1953, quelle della cosidetta Legge Truffa, una legge proporzionale con preferenze e senza sbarramento che con la correzione in senso maggioritario introdotta dalla legge n.148 del 31 marzo 1953 assegnava il 65% dei seggi della Camera dei deputati alla lista o al gruppo di liste collegate che avesse raggiunto il 50% più uno dei voti validi.
Tale modifica alla legge elettorale finì per essere uno dei temi più importanti della campagna elettorale.

Nominata Legge Truffa dalle opposizioni, essa fu paventata come emblema della deriva della neonata democrazia facendo leva sulla paura di una nuova fase autoritaria dopo quella fascista.
Nella coalizione di governo non mancò il dissenso e alcune componenti liberali e socialdemocratiche abbandonarono la coalizione centrista con il dichiarato intento di non far raggiungere il quorum alla DC e ai suoi alleati (PSDI, PLI, PRI).
Il risultato elettorale vide la Democrazia Cristiana affermarsi ancora una volta come partito di maggioranza relativa ma in forte calo rispetto alle precedenti elezioni, così come in calo fu pure l’intera area di governo composta da PSDI, PRI e PLI.
La coalizione centrista, messa in piedi per ottenere il premio di maggioranza, da loro introdotto con la nuova legge elettorale, non riuscì a superare il 50% dei voti seppure per pochi centesimi percentuali. Le elezioni invece rafforzarono la sinistra, in particolare il Partito Comunista Italiano, a dimostrazione che quando le classi dirigenti forzano la realtà in senso estremista, dopo ad avvantaggiarsene sono le forze meno moderate, maggiormente attrezate a rispondere alla chiamata alle armi.

Qui invece il “neutralissimo” invito al voto sempre della settimana INCOM

E qui l’esilarante servizio (girato nel giorno delle elezioni) nel quale i politici ripresi nell’esercizio del voto sono solo democristiani o loro alleati, come se gli altri politici non esistessero nemmeno.

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