Condividiamo con le persone che amiamo la conoscenza reciproca del nome e la commensalità.
Mi viene in mente questa considerazione leggendo un passo celeberrimo dell’Odissea.
Ulisse non rivela il proprio nome a Polifemo che gli offre una ospitalità sui generis, non rispettosa dei precetti divini; Ulisse non vuolerivelare il proprio nome perchè condividere il nome è sintomo di relazione, di condivisione. Ma in Ulisse c’è molto di più:l’eroe omerico infatti agisce con inganno e dichiara al ciclope che il suo nome è Nessuno; fornisce dunque al ciclope un’identità fasulla. Egli così non dimostra solo la mancanza di disponibilità ad entrare in relazione, l’indifferenza, ma mostra di volere entrare in relazione solo per negare l’altro, per annientarlo. La relazione quindi non è l’obiettido di Ulisse: la relazione è il mezzo attraverso il quale Ulisse potrà annientare il ciclope.
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Tutti sappiamo che Polifemo, grezzo non solo nei modi ma anche nell’intelletto (si ricordi a proposito che Ulisse è l’esatto contrario di Polifemo, è l’uomo ‘dal multiforme ingegno’, l’eroe astuto per eccellenza!) accetterà per vera l’identità fasulla di Ulisse, con le conseguenze che ben conosciamo: egli sarà infatti ritenuto pazzo dagli altri ciclopi quando, accecato da Odisseo, dichiarerà loro che ‘Nessuno mi ha accecato’.
Inoltre Ulisse, nel medesimo passo dell’Odissea, offre la coppa con il vino di Itaca a Polifemo in segno di gradimento per l’ospitalità; condividere il cibo, e in specie il vino, è sintomo di familiarità e di condivisione; di relazione. Ulisse però offre la coppa al ciclope per ordire l’ennesimo inganno: far sì che il monstrum si addormenti per poi offenderlo accecandolo.
Anche nel Vangelo il simbolo eucaristico del pane e del vino, condivisi alla mensa, sono simbolo di condivisione, di relazione profonda; simbolo che poi si trasforma nella visione cristiana nel Sacramento per eccellenza della presenza e del dialogo con il Cristo risorto.
Così come per il Manzoni dei Promessi Sposi la condivisione di un percorso di sofferenza e di fede simile, passa dalle mani di padre Cristoforo alle mani di Renzo e Lucia attraverso il pane, simbolo eucaristico ma anche simbolo di condivisione.
Per tornare con i piedi per terra, e non nei libri, è esperienza comune che ciascuno di noi noi non conosce il nome della maggior parte delle persone che incontra ogni giorno (la barista, quella che ci vende il pane, l’autista del bus, il signore che incontriamo nel parcheggio…); conosciamo il nome solo delle persone con cui entriamo in relazione, perlopiù stabilmente.Anche tra persone che non si conoscono, l’atto del presentarsi, del ‘dire all’altro il proprio nome’ è dichiararsi disposti a entrare in relazione; e una volta che la relazione si è approfondita, iniziamo a mangiare insieme (che sia un caffè bevuto insieme al bar, che sia un gelato da passseggio, che sia una pizza…).
Insomma la relazione, che è uno degli aspetti più profondi e più complessi del nostro essere uomini, passa attraverso alcuni bisogni primari come il cibo e la comunicazione!