Perciò ecco a voi la mia traduzione del primissimo capitolo di The Evolution of Mara Dyer, ENJOY!
LILLIAN E ALFRED RICE
REPARTO PSICHIATRICO
Miami, Florida
Mi svegliai in una mattina di un giorno qualunque in un ospedale qualunque, trovando un' estranea seduta nella mia stanza. Mi sedetti con cautela—la mia spalla era dolorante—e studiai la sconosciuta. Aveva capelli castano scuro che scolorivano sul grigio alle radici, e occhi nocciola contornati da strati di zampe di gallina. Mi sorrise e tutto il suo viso si mosse. “Buongiorno, Mara,” disse. “Buongiorno,” risposi. La mia voce era bassa e rauca. Non sembrava nemmeno che mi appartenesse. “Sai dove ti trovi?” Ovviamente non si era resa conto che l'insegna dell'ospedale si trovava proprio fuori dalla finestra alle sue spalle, e io dal letto ne avevo una chiara visione. “Sono al Reparto Psichiatrico Lillian and Alfred Rice.”A quanto pare. “Sai chi sono io?” Non ne avevo idea, ma cercai di non darlo a vedere; non me lo avrevve chiesto se non ci fossimo mai incontrate prima, e se ci eravamo incontrate io avrei dovuto ricordarla. “Sì,” mentii. “Qual'è il mio nome?” Dannazione. Il mio petto saliva e scendeva velocemente mantenendo il ritmo del mio respiro. “Sono la dottoressa West,” disse in tono piatto. La sua voce era calda e amichevole, ma per niente familiare.“Ci siamo incontrate ieri, quando sei stata portata qui dai tuoi genitori e un detective di Vincent Gadsen.” Ieri.
“Ricordi?” Ricordo di aver visto mio padre pallido e ferito in un letto di ospedale dopo essere stato sparato dalla madre di una ragazza assassinata. Ricordo di essere stata io a farla sparare. Ricordo di essere andata dalla polizia per confessare di aver rubato l'epinefrina della mia professoressa dopo aver liberato le formiche sulla sua cattedra, motivo per cui è morta di shock anafilattico. Ricordo che non era vero—era un'invenzione. Una bugia che avrei rifilato alla polizia così che loro mi avrebbero impedito di far nuovamente male a qualcuno che amavo. Perché non avrebbero creduto che, poco dopo aver desiderato la morte della mia insegnante, lei è morta davvero. Soffocata ingoiando la propria stessa lingua, esattamente come io avevo immaginato che avrebbe dovuto fare. Ricordo che, prima di poter dire a qualcuno anche un dettaglio di tutto questo, ho visto Jude al Tredicesimo Distretto della Metro Dade Police Department. E sembrava davvero molto vivo.
Ma non ricordavo di essere venuta in ospedale. Non ricordavo di esserci stata portata. Dopo l'apparizione di Jude, non ricordavo nient'altro. “Sei stata ammessa ieri pomeriggio,” disse l'estranea—la dottoressa West. “Il detective ha chiamato i tuoi genitori perché non riuscivano a farti smettere di urlare.” Chiusi gli occhi e vidi la faccia di Jude mentre lui mi veniva incontro. Mi sfiorava passandomi accanto. Sorridente. Il ricordo era impresso sulle mie palpebre, e io aprii gli occhi per poter vedere qualcos'altro. “Hai detto loro che il tuo ragazzo, Jude Lowe, che pensavi fosse morto a Dicembre nel crollo di un edificio, è vivo.” “Ex,” dissi tranquillamente, lottando per restare calma. “Come, scusa?” “Ex-ragazzo.” La dottoressa West scosse leggermente la testa armandosi della sua neutrale espressione da psicologo, una che riconobbi subito dato che l'avevo vista spesso sul volto di mia madre. Specialmente negli ultimi mesi. “Hai detto di aver causato tu il crollo dell'edificio abbandonato nel Rhode Island, seppellendo la tua migliore amica, Rachel, e la sorella di Jude, Claire, tra le macerie. Hai detto che Jude ti ha attaccato sessualmente, motivo per cui hai cercato di ucciderlo. E hai detto che lui è sopravvissuto. Hai detto che è qui. ” Era perfettamente calma mentre parlava, cosa che aumentò il mio panico. Quelle parole nella sua bocca sembravano folli, pur essendo vere. E se la dottoressa West sapeva tutte quelle cose, allora doveva essere andata propriò come diceva— “Tua madre ti ha portato qui per una valutazione.” Mia madre. La mia famiglia. Anche loro avevano sentito la verità, anche se non avevo pianificato di dirgliela. Anche se non ricordavo di aver detto nulla. Fu in quel momento che accusai il colpo. “Non abbiamo iniziato ieri perché eri sotto sedativi.” Le mie dita vagarono su fino alla mia spalla, esposta nella mia t-shirt bianca con le maniche corte. Questo spiegava perché era dolorante. C'era un cerotto sulla mia pelle, che probabilmente copriva il punto in cui dovevano avermi fatto l'iniezione. “Dov'è lei?” chiesi, strappando il cerotto. “Dov'è chi?” “Mia madre.” I miei occhi scandagliarono il corridoio attraverso i vetri, ma non la vidi. La hall sembrava vuota. Se solo avessi potuto trovarla forse avrei putoto spiegare ogni cosa. “Perciò lei non è qui.” Non sembrava una cosa tipica di mia madre. Non mi aveva lasciato un attimo quando fui ricoverata dopo l'incidente. Avevo già detto troppo alla dottoressa West. “Vorresti vederla?” “Sì.” “Okay, vedremo di fare qualcosa in merito, più tardi.”
Il suo tono lo fece sembrare come un favore da farmi in caso di buona condotta e la cosa non mi piacque affatto. Mossi di scatto le gambe sul letto e mi alzai. Indossavo pantaloni coi lacci, non i jeans che ricordavo di aver messo. Mia madre doveva averli portati da casa. Qualcuno doveva avermi cambiato. Degluitii forte. “Penso di volerla vedere ora.” Anche la dottoressa West si alzò. “Mara, lei non è qui.” “Allora andrò a cercarla,”dissi e iniziai a cercare le mie scarpe. Mi accovacciai per guardare sotto al letto, ma non c'erano. “Dove sono le mie scarpe?” Domandai, acora accucciata. “Abbiamo dovuto prenderle.” A quel punto mi alzai per guardarla in faccia. “Perché?” “Avevano i lacci.” I miei occhi erano due fessure. “E allora?” “Sei qui perché tua madre pensava che tu fossi un pericolo per te stessa e per gli altri.” Morsi forte il mio labbro inferiore. “Ho davvero bisogno di parlarle,” dissi allora, sforzandomi di mantenere calma la voce. “Lo farai.” “Quando?” “Be', prima vorrei parlare con qualcuno e farti visitare, giusto per assicurarci che tu stia bene” “E se io non volessi?” La dottoressa West alzò il suo sguardo su di me. La sua espressione era triste. La mia gola si chiuse. “Non potete tenermi qui a meno che io non acconsenta,” riuscii a dire. Quello lo sapevo, almeno. Ero la figlia di un avvocato e avevo diciassette anni. Non potevano costringermi a rimanere lì a meno che io non avessi dato il mio consenso. A meno che... “Continuavi a urlare in modo isterico e sei scivolata. Quando un'infermiera ha cercato di aiutarti le hai dato un pugno.” No. “E' diventata una situazione d'emergenza così, secondo la legge Baker, i tuoi genitori erano nella posizione di acconsentire al tuo posto.” Sussurai così da essere certa di non urlare . “Cosa sta cercando di dirmi?” “Mi dispiace. Sei stata internata contro la tua volontà e non potrai lasciare l'ospedale fino a quando non sarai ritenuta capace di intendere e di volere.”
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Allora miei cari, che ne dite? Vi ha stuzzicato questo piccolo estratto? A me sinceramente sì e molto, non vedo l'ora di poter leggere tutto il romanzo! Non so proprio cosa sarà capace di fare Mara, ora che è in trappola. In fondo è un po' quello che voleva, no? Ma con Jude in circolazione tutto è diverso ora! Aspetto i vostri commenti e mi raccomando, se decidete di postare questo estratto sul vostro blog citate le fonti ovvero Mtv e la sottoscritta.