Leggimi nel pensiero Vintage: Succulente di Luisa e Fulvio Ervas

Creato il 23 maggio 2015 da Ramonagranato

Ho sempre recensito i libri.
Prima di recensirli per iscritto, lo facevo a voce a chi mi chiedeva se avevo letto questo o quello.
La prima recensione non so esattamente quando l'ho scritta, ma al tempo ero caporedattore in un quotidiano on line che, periodicamente, pubblicava anche le mie letture.
Tra l'estinzione del suddetto giornale e i diversi cambi di pc che ho fatto, molti scritti sono andati persi, ma fortunatamente avevo ricopiato alcune recensioni sul mio account Anobii.
Nasce così Leggimi nel pensiero Vintage: per ripubblicare alcune di quelle recensioni e per recensire quei libri che rilego da una vita e che non sono in nessuna classifica e che proprio per questo, forse, mi sono più cari.
"Succulente" è un libro a cui ho ripensato tante volte nel corso del tempo e che, a più riprese, ho consigliato a chi mi ha chiesto un libro che mi fosse rimasto impresso. A suo tempo, Fulvio Ervas firmava ancora i libri con la sorella Luisa e non era ancora Ervas di "Se ti abbraccio non aver paura", almeno nella notorietà. Perché la scrittura era pregnante anche all'inizio.
La mia recensione risale al 2007, anno di pubblicazione del libro che, ricordo, mi fu inviato dalla Marcos y Marcos con la quale, in quel periodo, si instaurò un bel rapporto di collaborazione. Adoro - allora come oggi - le loro copertine e aspettavo con ansia ogni volta i loro pacchetti. Fosse stato oggi, le avrei chiamate gloriosamente anteprime, ma allora essere bookblogger non era ancora una moda.
***non ho modificato niente, chissà se la mia scrittura è cambiata in qualche modo...***



Succulente di Luisa e Fulvio Ervas.
Marcos y Marcos, 2007.

Si ha voglia di un libro così. O meglio, si vorrebbe una vita come quelle descritte in “Succulente”, l’ultimo libro di Luisa e Fulvio Ervas [Marcos y Marcos].Si aprono finestre sulle esistenze ventose di una miriade di personaggi, persone qualsiasi a prima vista, nella Lisbona contemporanea, avvolta però da un’atmosfera di magica stasi, come forse nessuna città moderna lo è.
Britto Mendes rappresenta la chiave di volta di tutto il romanzo, splendidamente intessuto tra ricordi, pensieri, desideri mai espressi ad alta voce, credenze. È un medico delle piante che lavora alle Estufas, le serre di Lisbona, e per il suo animo in continuo divenire ci vuole poco per passare dalla quiete e pacata vita delle piante grasse (le succulente, appunto) alla frenetica ricerca dell’assassino che ha compiuto vari delitti proprio all’interno delle serre. Britto ripercorrerà la vita degli altri impiegati e ogni volta ci pare di cogliere l’indizio che potrebbe far identificare il criminale, eppure ogni volta c’è qualcosa che sfugge…
C’è la sua amata Amalia, che inspiegabilmente si dedica a riti magici per far tornare un amore perduto. C’è la signora Luzia, che si reca in pellegrinaggio a Fatima per chiedere a Humberto di intercedere presso la Senhora affinché liberi suo figlio Manuelito dal fardello del suo corpo malato. E c’è un angelo, forse, che Britto incontra a Cabo da Roca…
I frammenti di vita descritti in “Succulente” hanno, di volta in volta, come sfondo, le calli di Lisbona, le spiagge infinite, le azzurre distese dell’oceano, rischiarati dalla luce del sole o dalla luce dei ricordi e delle sensazioni provenienti dal passato.La costruzione perfettamente circolare della storia ci permette, alla fine, di trovare le risposte alle domande che, durante la lettura, inevitabilmente sono comparse. E trovano una spiegazione i gesti dei protagonisti, i sospiri, le loro sofferenze, perfino i battiti irregolari dei loro cuori.
In un crescendo, che raggiunge il suo acme nel finale inaspettato, il romanzo dei fratelli Ervas è capace di trasmettere quel senso di pace che ci coglie quando sappiamo di aver sistemato tutte le cose, dopo aver a lungo penato per poter trovare tutti i tasselli mancanti. Non possiamo fare a meno, però, di essere colti da una lieve malinconia, quando, pur avendo sistemato tutto, ci rendiamo conto che mancherà sempre qualcosa ed è a quel qualcosa che dobbiamo dire “Boa viagem…”.

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