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di Francesco Sasso
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Sarà appena necessario rammentare che l’autore Leonardo Bonetti, nato a Roma nel 1963, e passato attraverso tre anti-romanzi (Racconti d’inverno [2009], Racconti di primavera [2010], Racconti d’estate [2011], intraprende una nuova avventura letteraria: A libro chiuso. Il testo è commentato da alcune opere di Ettore Frani.
Ma qual è la sorte d’ogni libro chiuso? A questo interrogativo risponde Leonardo Bonetti. Lo scrittore romano ha così compilato in una lingua semplice ed elegante, una raccolta di meditazioni in cui si avverte una mirabile perfezione di rappresentazione che evoca e scrive, circoscrive cauto il mistero e misura tutto ciò che vuole evocare e dire.
A libro chiuso è il tentativo di catturare l’essenza del libro che non si presenta immediatamente in giudizio; è lo sforzo di impadronirsi del libro perfetto e di amarlo. E qui il libro si apre a blandi spiragli di nostalgia e speranza.
A libro chiuso ha davvero un aspetto misto: tra illuminazione e testimonianza, passione e ragione, ed è il suo affascinante carattere. Dietro il velo dell’abbandono, dell’esperienza, del potere, del tempo, dell’ombra, della memoria, della realtà, del silenzio, dell’errore, della scrittura, della speranza, della solitudine e del significato (queste alcune sezioni del volume), troviamo un libro chiuso che attende noi per proiettarci nella dimensione dell’assoluto. Esso è una bilancia su cui viene pesata la vita di ogni uomo fatta di vecchiaia, morte, timore, turbamento, di istanti lieti e felici e belli, e ad ogni momento il lettore incontra il vento profumato di un credo: «crediamo nel libro chiuso malgrado il libro chiuso».
f.s.
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